Il 2 giugno 1951 durante un convegno di insegnanti tenuto presso la scuola italo svizzera Remo Bordoni di Rimini, nasce la Cooperativa della Tipografia a Scuola che in seguito prenderà il nome di Movimento di cooperazione educativa.
A Wikiradio-radio3: Le origini del Movimento di cooperazione educativa con Vanessa Roghi
Qui sotto la registrazione del convegno Chi ben comincia, a cui hanno partecipato il professor Giuliano Franceschini e la professoressa Lilia Andrea Teruggi. Chi non avesse potuto partecipare o volesse riascoltare alcuni passaggi clicchi sull’immagine. Per seguire la ricerca e le altre iniziative del Gruppo Nazionale Lingua MCE, si colleghi al seguente sito: Parole per Costruire Diritto alla Lingua.
Quello dei numeri è un mondo complesso, ricco di suggestioni.
Dietro la parola “uno” si possono celare numerose immagini, realtà: uno come parola che parla di solitudine, che ci parla di ciò che è molto poco o molto piccolo, di quantità definita (una sola cosa), di importanza centrale (c’è solo una persona che sa fare questo).
La matematica, l’aritmetica travalicano continuamente, nella scuola, il confine definito dalla convenzionale suddivisione in materie. Il rendersi conto di questo, anzi, il renderlo elemento portante in un percorso sui numeri è ciò che ci restituisce in modo preciso gli obiettivi del libro I bambini sanno contare, scritto da Donatella Merlo.
Sentiamo la preoccupazione e il disagio di molte insegnanti all’idea di non occuparsi di un numero alla settimana, e arrivare al dieci dopo quattro mesi di mnemonica senza alcuna applicazione e relazione con la realtà che ci circonda. Per molti la matematica “concreta” è questa: saper contare, riconoscere i numeri e saper fare 4+5. Non diciamo che non sia importante, ma se si limita a questo la matematica di concreto ha ben poco.
Attraverso la presentazione di moduli di lavoro definiti, sia negli obiettivi che nell’uso dei materiali che nel setting di lavoro proposto, in questo libro prezioso percorriamo la narrazione per frammenti organicamente collegati tra di loro, di un possibile percorso sui numeri, sul numerare, sul giocare e familiarizzare con i numeri nella scuola dell’infanzia e nei primi anni della primaria.
Suddiviso in capitoli che definiscono e connettono alcune aree (conoscenze di partenza, prima di contare, il conteggio la cardinalità dei numeri e la scrittura, verso un ordinamento dei numeri), il libro propone un agire che anima ogni attività proposta al cui centro sta “il problematizzare”. È ciò che viene chiesto continuamente ai bambini che vengono coinvolti in lavori di gruppo e di discussione su quanto fatto in ogni laboratorio.
Il numero non è qualcosa di già dato, ma qualcosa che si deve cercare e ricercare continuamente tra le cose, e per far ciò bisogna inventarsi strategie, insieme, costruendole a partire dai materiali proposti dalle insegnanti e dalle osservazioni e dalle discussioni che nascono dal fare, dal provare e dal riprovare.
Domande, numerose e pregnanti, più che risposte già date vengono proposte ai bambini.
Si inizia dal chiedersi quali sono le cose che si possono contare e come si conta, partendo dalle affermazioni dei bambini e da azioni concrete (portami al tavolo 5 oggetti) a cose sempre più complesse (come si fa a contare l’acqua, o la sabbia?), per arrivare a domandarsi e a inventarsi strategie su come si fa a contare – senza sbagliare – una gran quantità di oggetti disordinati, quali strategie possibili.
I numeri li si rintraccia anche nelle storie, scoprendo come la matematica sia presente anche dove meno te lo aspetti (quanti animali, quanti personaggi, quante cose accadono e quante volte in ogni narrazione proposta).
È difficile rendere la ricchezza, la complessità del percorso e del rapporto con i numeri che viene messo a fuoco in questa sequenza di possibili azioni da realizzare. Ogni cosa affrontata è un argomento di discussione tra i bambini. I numeri non sono solo una sequenza di etichette da ripetere, ma parti di organismi, di strutture, di azioni che vengono messe in campo; di pensieri e intuizioni che vengono espressi in una ricerca continua delle parole adatte.
L’uso della parola – che dà corpo, che prende corpo, che definisce, che restituisce in modo narrato, diretto o indiretto ciò che si va apprendendo – è centrale.
Donatella Merlo propone una riflessione su quanto «…succede soprattutto con le nuove conoscenze: finché non le sappiamo tradurre in linguaggio, nel nostro linguaggio, vuol dire che non sono ancora veramente nostre. Non si tratta solo di parafrasare ciò che abbiamo letto su un libro, ma proprio di costruire un nostro personale racconto che spieghi le cose.
Per arrivare a questo punto è necessario socializzare il nostro pensiero: prima lo raccontiamo ad altri e poi diventa nostro».
Abbiamo ascoltato con piacere l’intervento di Anna Aiolfi, una delle autrici del libro Le parole dell’economia, collana RicercAzione, domenica 23 maggio, alla trasmissione La lingua batte, su Radio Rai 3, condotta da Paolo Di Paolo.
Una conversazione davvero interessante, a titolo Vocabolario economico, un dialogo a più voci centrato, appunto, sul linguaggio dell’economia – sempre un po’ ostico, e sempre ritenuto per addetti ai lavori.
Si tratta, invece, di apprendere fin da piccoli termini e “azioni” che ci riguardano da vicino, nella quotidianità del fare la spesa, saper scegliere e acquistare in modo appropriato, capire il “tragitto” dei prodotti che viaggiano dalla materia prima alla lavorazione, al banco del fornaio o del fruttivendolo…
Azioni e concetti che – dal concreto fino alla astrazione del “fare i conti”, capire i prezzi, lo sconto, la banca… – possono essere compresi e acquisiti fin dall’infanzia.
Un percorso tra gli altri – dentro e fuori la scuola, con insegnanti e genitori – verso la consapevolezza, la condivisione di saperi, l’agire sociale responsabile.
Philippe Meirieu scrive nell’introduzione a questo libro di Enrico Bottero: “Tutti hanno gli occhi puntati sulle valutazioni quantitative, sulle certezze fornite dalle neuroscienze, sulle meta-analisi randomizzate costruite sul principio dell’industria farmaceutica. L’educazione diventa una semplice questione di tecniche più o meno sviluppate, più o meno validate, mai messe in discussione dal punto di vista etico. Tutto questo, naturalmente, a scapito di una riflessione pedagogica che comprenda la questione del futuro delle nostre società, delle nostre democrazie e del nostro pianeta.”
Questo tema dell’attenzione ai valori traspare da tutto il libro perché, mentre ripercorriamo le tecniche Freinet con un occhio all’oggi, sentiamo questa tensione critica e nello stesso tempo costruttiva per ridare un senso non solo a queste pratiche, ma anche a tutta la scuola nel suo complesso. Bottero è convinto che il rinnovamento della scuola debba passare attraverso pratiche concrete che offriamo ai nostri alunni insieme a materiali e oggetti prodotti dalle loro mani e dalle loro menti per mantenere sempre il contatto con la realtà, che è ciò che dà senso all’apprendere di ciascun individuo.
Pubblicare un libro sulla pedagogia cooperativa freinetiana ha senso oggi più che mai per ricostruire un’identità pedagogica che vada al di là del curriculum scolastico da sviluppare, che rimetta al centro l’alunno come persona in formazione, che non deve solo appropriarsi del sapere disciplinare ma anche di strumenti per diventare protagonista della vita sociale. Perché allora sono importanti le tecniche? Perché incorporano una visione politica della società e del ruolo della scuola e, facendo parte di una visione complessiva, costituiscono un sistema. Prese una per una non hanno lo stesso significato, messe tutte insieme restituiscono valori pedagogici fondamentali che nella nostra società dovrebbero essere riaffermati con forza, e non, invece, essere messi in secondo piano a favore di considerazioni di tipo aziendalistico della scuola.
Se interpretiamo, oggi, le tecniche entro questa visione, ci accorgiamo che il senso da dare a pratiche come il testo libero, le creazioni matematiche, la tipografia, i brevetti, le istituzioni vanno molto al di là della tecnica in sé, ed esse contribuiscono a “dare senso” complessivamente a tutto il progetto di scuola che ne scaturisce. Assaporiamo il valore del lavoro, della cooperazione, della classe come comunità che apprende e che riproduce al suo interno quella struttura sociale che fatichiamo a ritrovare fuori dalla scuola, ma a cui deve tendere ogni società democratica. Quindi studiamo, impariamo, applichiamo le tecniche e diamo nuova vita a questo modello di scuola, se vogliamo trasmettere alle nuove generazioni non solo conoscenze ma anche e soprattutto competenze consapevoli e valori.
Dalla lettura di questo libro mi sono sorte spontanee alcune domande che ho posto direttamente a Enrico Bottero nella breve intervista che condivido.
Webinar con Francesco Tonucci, Carla Ida Salviati, Juri Meda
Segnaliamo con piacere un’altra imminente tappa del percorso del “Centenario Mario Lodi”, maestro indiscusso di tutti noi insegnanti, educatori, genitori…
Un Maestro di cui vogliamo rinnovare e ricreare idee, esperienze, progetti, linguaggi, democrazia… per la scuola e le domande della contemporaneità.
Domenica 23 Maggio alle 10,45 su Rai Radio3 Paolo Di Paolo intervisterà Anna Aiolfi, una delle autrici del libro Le parole dell’economia, durante la puntata Vocabolario economico.
Al via il 22 maggio a Fano la celebrazione itinerante nazionale dal titolo «Lungo i fili della Pedagogia Popolare. Tessere il futuro», che toccherà i luoghi più significativi della storia dell’associazione nazionale di maestri e maestre che dal 1951 si impegnano per un rinnovamento democratico della scuola.
Darà inizio alle celebrazioni dell’anniversario l’evento di apertura «Il MCE e i suoi inizi, l’opera di Pino Tamagnini» il 22 Maggio 2021 a Fano.
Su tre titoli di educazione linguistica pubblicati nella collana di ebook RicercAzione del MCE vale la pena, a mio avviso, porre attenzione da parte degli insegnanti di scuola primaria (ma non solo).
Scrivere insieme, Come si impara a leggere e scrivere, Rami di uno stesso alberotrattano argomenti tra cuisi potrebbe tracciare un filo rosso di continuità, poiché tutti e tre si soffermano su temi-chiave del pensiero pedagogico e della didattica MCE: la lingua, l’ascolto e la parola scritta come strumento potente per la costruzione dell’identità e della socialità, per cui l’obiettivo primario dell’insegnante è senz’altro il «Dare tutti gli usi della lingua a tutti» come auspicato da Tullio De Mauro. Nel primo dei tre volumetti gli autori, Vretenar e Cavinato, offrono riflessioni ma soprattutto indicano pratiche di scrittura e, in particolare, esempi di come si costruisce e si mette a punto, correttamente, un testo collettivo, ricordando come questa modalità sia stata praticata fin dalla scuola di Barbiana, da don Milani.
Campolmi, nel secondo libro, propone strategie sperimentate che favoriscono, nel bambino, un approccio felice e motivato alla scrittura e alla lettura, secondo un “metodo” naturale, a partire dai primissimi anni. L’educazione linguistica, afferma, si costruisce attraverso molteplici attività che affinano la capacità d’uso di registri linguistici differenti:
lettura; “taglia, incolla e costruisci”; storie per il giornalino;
disegno; filastrocca a memoria; problemi; conferenze;
messa a punto scritta di progetti; relazioni di semplici esperimenti scientifici in classe…
Nel terzo libro Bottazzi ci “impone” una riflessione su quanto sia importante predisporre a scuola momenti di ascolto e di narrazione, e indica, a tal fine, attività interessanti e ripetibili praticamente in tutti i contesti scolastici.
I riferimenti teorici, e anche pedagogici, per tutti e tre i libri sono noti e qualificati: De Mauro, appunto, e Dewey, Ferreiro, Teberosky, e su questi le indicazioni bibliografiche suggerite dagli autori sono sicuramente utili.
Di certo è molto significativa la citazione che Bottazzi riporta ad apertura di uno dei capitoli:
«Forse noi siamo le parole che raccontano quello che siamo.»
La nostra redazione è lieta di segnalare un evento che ritiene particolarmente interessante per chi si occupa, a vario titolo, di scuola e di libri.
Si tratta della giornata di studio dedicata alla “lettura” del catalogo storico delle Nuove Edizioni Romane che Carla Ida Salviati – studiosa di storia dell’editoria contemporanea – ha trasformato in libro.
Ripercorrendo nel suo saggio le vicende di questo che risulta essere uno tra i cataloghi per ragazzi più originali e raffinati del mercato librario italiano, Salviati mette in luce una storia editoriale fatta di libri, di ideali, di passione per la cultura, di autori e illustratori di grande pregio, amatissimi da generazioni di ragazzi, dal 1977, anno di nascita delle Edizioni Romane, fino al 2016, anno in cui sono cessate le pubblicazioni.
Appuntamento quindi al 24 maggio prossimo, per dialogare con l’autrice e con i relatori che “sfoglieranno” con noi immagini bellissime e sempre attuali, ci faranno ricordare testi e storie senza tempo di questa casa editrice di cui fortunatamente una gran parte della produzione continuerà a vivere ed essere valorizzata nel catalogo Giunti.