Ecco gli eventi e laboratori organizzati dal MCE giorno per giorno:
Venerdì 24 marzo Biblioteca di lavoro a scuola oggi a scuola oggi, con Marta Marchi e Lidia Liboria Pantaleo – ore9,30- 11 Le loro voci. Il giornale a scuola, con Lidia Liboria Pantaleo – ore 9,30 – 11 Struttura della materia. Dal visibile all’invisibile, con Donatella Merlo e Anna Aiolfi – ore 11,30 – 13 La classe cooperativa: modi, ragioni ed esperienze, con Marco Pollano e Elisa Salvetti – ore 11,30 –13 Laboratorio rap e hip-hop: relazioni, contaminazioni e partecipazione, con Antonio Sofia e Fabrizio Bruno – ore 11,30 – 13 Dall’io al noi: pratiche, libri e percorsi per crescere cittadini, con Domenico Canciani e Marta Marchi ore 14 – 15,30 Service Learning per lo sviluppo di una comunità educante, con Patrizia Lotti e Antonio Sofia – ore14 – 15,30 I primi 2000 giorni: il senso della continuità 0-6, con Susanna Mantovani, Diana Penso e Valeria Vismara – ore 16 – 17,30 Dare forma all’insegnamento. Scuola e università per la formazione dei docenti, con Anna D’Auria e Elisabetta Nigris) – ore 18 – 19,30 Eureka! Biblioteca e pensiero euristico, con Lidia Liboria Pantaleo e Marta Marchi – ore 18 – 19,30 Astronomia in classe (e fuori), con Elisa de Sanctis – ore 18 – 19,30
Sabato 25 marzo Presentazione del libro “Quale mondo, quali futuri”, con Giancarlo Cavinato e Valeria Zanolin – ore 9 – 11,30 C’è ancora bisogno di intercultura?, con Roberta Bonetti e Maura Tripi – ore 11,30 – 13 Classi aperte e didattica laboratoriale, con Roberta Passoni – ore 11,30 – 13 Il piano di lavoro per la differenziazione didattica, con Elisa Amato e Valeria De Paoli – ore 14 –15,30 Un’impresa pedagogica collettiva: il territorio educante, con Anna D’Aura e Federico Samaden – ore14 – 15,30 Cinque passi per una scuola inclusiva, con Roberta Passoni – ore 14 – 15,30 Il dialogo come modalità di apprendimento, con Franco Lorenzoni ore 16 –17,30 Matematica come ricerca e costruzione collettiva, con Sonia Sorgato e Irene Vacca ore 18 – 19,30 Presentazione del libro “A scuola con Mario Lodi, maestro della Costituzione”, con Rosy Fiorillo eAnna Masala, ore 18 – 19,30
Domenica 26 marzo Quattro passi per una pedagogia dell’emancipazione, con Rosy Fiorillo – ore 9,30 – 11 Tempo e narrazione, con Giancarlo Cavinato e Nerina Vretenar – ore 11,30 – 13 Resistere oggi sul cammino di Bruno Ciari, con Juri Meda, Marcella Bufalini Ciari e Alberto Speroni – ore 11,30 – 13
Illuminare la presenza delle donne nella storia della scienza, tra astronomia e geometria, con Nicoletta Lanciano e Rita Montinaro – ore 11,30 – 13 Fare educazione linguistica democratica a scuola, con Lidia Liboria Pantaleo, Nerina Vretenar e Silvana Loiero – ore 16 – 17,30 La grammatica: un’enigma con cui divertirsi!, con Monica Colli e Grazia Mauri – ore 16 – 17,30 Mano, pensiero e pitture rupestri: laboratorio di prei(storia), con Marianna Di Rosa e Sara Riva – ore18 – 19,30
Il Movimento Cooperazione Educativa – nazionale è tra gli organizzatori di Sfide-la scuola di tutti che si terrà a Milano dal 24 al 26 marzo 2023.
Consultate il Programma, cercate le nostre conferenze e gli interessanti laboratori che abbiamo predisposto su temi di politica scolastica, pedagogia e didattica delle discipline.
I laboratori sono organizzati dai gruppi di ricerca nazionali che si occupano di Italiano, matematica, astronomia, storia. Con il biglietto di ingresso potete scegliere i laboratori che vi interessano di più. Ma affrettatevi perché sono a numero chiuso…
Clicca qui per acquistare i biglietti e qui per vedere dove siamo!
“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla.” Lao Tzu
Cambiare vuol dire
mutare, andare incontro a una trasformazione,
mettersi in movimento,
viaggiare verso una nuova destinazione,
ma anche migliorare, innovare, evolvere…
I libri che vi proponiamo questo mese sono una piccola parte delle ampie possibilità che ci offrono questi argomenti. L’ottica con cui li abbiamo pensati va nella direzione di introdurre temi più specifici, o di affrontare, nel caso del cambiamento, situazioni difficili .
A scuola il gioco della trasformazione può aiutare a guardare gli oggetti e il mondo che ci circonda con occhi nuovi, più aperti, fuori dagli stereotipi e a smuovere la creatività nel senso in cui la pensava Rodari : un bastone che diventa un cannocchiale, una spada, il collo di una giraffa…
Ma anche a saper guardare le caratteristiche geometriche degli oggetti, introducendo così conoscenze più tecniche e dando un senso concreto ai concetti e all’astrazione.
L’osservazione delle opere d’arte poi può condurre gli alunni a feconde produzioni personali , magari anche attraverso l’uso di materiali poveri, di recupero, non troppo strutturati; sempre attraverso l’arte possiamo esplorare e comprendere l’evoluzione dell’uomo e della terra.
In altri termini
Un testo prezioso per chi crede che la geometria e la matematica si intreccino con la storia, la letteratura e l’osservazione del mondo che ci circonda. Un percorso di formazione per insegnanti da cui emerge come la matematica sia cosa viva, che cambia nel tempo, frutto dei luoghi e del contesto culturale. Dall’insegnamento di Emma Castelnuovo i laboratori, rivolti agli insegnanti di diversi gradi scolastici, su temi della didattica della matematica e dell’astronomia, si basano su premesse valide a diverse età: entrare nella storia delle discipline, inquadrare l’oggetto di indagine in un percorso di tipo storico, per far cogliere quanto in una determinata epoca già si conosceva (o non si conosceva) su che cosa ci si interrogava, e quanto un’epoca successiva abbia talvolta spazzato via intuizioni feconde e conoscenze sullo stesso argomento. Praticare la didattica attiva: disegnare, ritagliare, comporre nello spazio tridimensionale, usare il corpo, utilizzare la narrazione della scienza, anche in relazione a concetti e idee da altri campi del sapere, come la filosofia e l’arte, come strumento facilitante l’appropriazione di fenomeni. Insegnare a “sostare con le domande”, non dare risposta a tutto, quanto piuttosto insistere sull’importanza di imparare a porre e a porsi domande sensate, vere e non retoriche . I quattro scienziati “protagonisti” nei laboratori “irrompono” con una domanda/problema e con diversi stili narrativi: Didone con un testo letterario latino; Euclide con un suo testo dagli Elementi; Ipazia attraverso fonti letterarie e filmiche; Galileo con un frammento dal suo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze.
Consigliato a tutti i docenti di matematica e geometria a partire dalla scuola primaria.
Antonella Bottazzi
Nicoletta Lanciano, Rita Montinaro, In altri termini– MCE RicercAzione 27 e-book, 2023 ISBN 9791222055114
L’officina matematica
Un libro che non può mancare nella biblioteca di un docente di matematica, geometria e non solo. Emma Castelnuovo, la più grande ricercatrice italiana di didattica della matematica, in questo libro ha raccolto alcune lezioni –laboratorio in cui, attraverso l’uso concreto dei materiali, avvicina i ragazzi ai concetti più astratti di queste materie, in modo sperimentale e tangibile. Sorprende la semplicità delle proposte, fatte con elastici, spaghi e altri materiali poveri,insieme ad una rigorosa correttezza scientifica. La conoscenza per Emma Castelnuovo si costruisce con osservazioni, manipolazioni, domande aperte e un continuo confronto con l’arte e con la storia.
Consigliato ai docenti di scuola secondaria di primo grado.
Antonella Bottazzi
Emma Castelnuovo, L’officina matematica – ed. La meridiana, Molfetta (Bari), 2008
Cuentacuentos
Un libro scoperto per caso e che mi ha accompagnato per tanto tempo, offrendo innumerevoli spunti di lavoro per le diverse età di bambini e per varie occasioni. La maestra Teresa Flores ha l’obiettivo di trasformare i bambini in cuentacuentos, raccontastorie , perché educare attraverso le storie aiuta a immaginare punti di vista diversi, , aiuta a veder l’invisibile . Teresa inizia dagli oggetti e dai materiali della vita quotidiana. I bambini o l’adulto raccontano con parole e contemporaneamente con mano e dita , con le corde, con i disegni ( numeri, forme, cose), con la carta, con la sabbia, con le carte da gioco…..
Ogni azione che accompagna il testo narrato, costituisce un enigma fino al momento della sua conclusione e questo è l’aspetto che più diverte i bambini.
Così nella storia di capitan Manolito si comincia da una carta piegata a triangolo e si procede con piccole trasformazioni attraverso pieghe fino ad arrivare allo strappo finale che conclude a sorpresa l’avventura.
I bambini dopo aver ascoltato queste storie come spettatori possono diventare narratori in altre classi o inventare a loro volta storie partendo da oggetti di uso comune.
Consigliato a insegnanti, animatori, educatori, genitori… a tutti quelli che credono che saper raccontare aiuti a vivere e se riesci a creare un po’ di sorpresa è ancora più bello.
Un libro per lavorare di fantasia anche con i più piccini. È un cartonato con pagine resistenti che si sfogliano e si aprono. 10 oggetti di uso comune che si trasformano in animali se il bambino solleva un’ala. Le immagini sono accompagnate da brevi testi in rima: “Trovo in cucina il mio colapasta… … ma poi diventa una civetta dall’aria entusiasta”. Le figure risaltano e catturano l’attenzione con i loro colori accesi . La sorpresa accompagna il lettore ad ogni pagina.
Consigliato a partire dai 3 anni, ma anche con i più piccoli potete giocare con gli animali che si nascondono dietro la pagina e fanno cu cù!
Piccole metamorfosi della natura. Le parole di Angela Nanetti e le luminose illustrazioni di Pia Valentinis accompagnano il lettore in un viaggio nel tempo. C’è un fiore , un fiore tutto bianco che sorride al sole, prima c’era un ramo nudo che tremava di gelo, dopo, poi… dove … sopra , sotto…quando… dentro, fuori…ieri, oggi, domani… parole che accompagnano trasformazioni naturali di alberi, frutti, animali , fino alle stagioni, con rime baciate o alternate, che si rincorrono in un bellissimo girotondo dove trovano spazio ricordi e pensieri.
Consigliato dai 7 anni
Marina Sirotti
Angela Nanetti, Prima c’era un fiore– edizioni Motta junior, Milano,2011
Forme e fantasia
Quadrati, rettangoli, triangoli: semplici figure geometriche per immaginare paesaggi e inventare i protagonisti di una storia. È questo che ha fatto l’autrice di questo piccolo libro ed è questo che possiamo riproporre ai bambini giocando con le forme e i colori.
Consigliato dai 5 anni e a chi vuole giocare con le forme in una sorta di Tangram narrativo.
Marina Sirotti
Eleonora Cumer , Forme e fantasia– edizioni Artebambini, Bazzano (BO), 2015
La vera storia di Kamillo Kromo
Questo libro illustrato racconta la storia di camaleonti che imparano a cambiare colore a seconda delle stagioni per potersi mimetizzare e così sfuggire alla cattura dei predatori. Ma la possibilità di trasformarsi deve essere appresa a scuola fin da piccoli , nelle lezioni di aritmetica : giallo + rosso ? verde – blu ? … Il piccolo Kamillo però di emoziona durante le interrogazioni , sbaglia i colori e così non vuole più andare a scuola. Nonostante questo Kamillo risolverà una volta per tutte la minaccia degli uccellacci neri, diventerà l’orgoglio di mamma e papà e tutti gli faranno festa. Un piccolo libro per parlare di problemi da risolvere, di scuola, ma soprattutto partendo dalla storia si possono proporre ai bambini esperienze di combinazioni, miscugli e trasformazioni di colori.
Consigliato dai 5 anni
Marina Sirotti
La vera storia di Kamillo Kromo
Francesco Altan, La vera storia di Kamillo Kromo– edizioni EL, Einaudi, Parma, 1994
Fare per crescere
laboratori metodo Munari
Ogni testo riporta un argomento con riflessioni, pensieri ed esempi del grande designer, scrittore, inventore e tanto altro ancora, attraverso numerosi laboratori sperimentati con gruppi di bambini. Gli strumenti e i materiali di uso comune diventano fonte di ispirazione e aiutano i bambini ad esprimere la loro creatività fuori da schemi precostituiti. I laboratori sono descritti e documentati con fotografie dettagliate per offrire un valido aiuto a chi volesse riproporli adattandoli al proprio contesto.
Ogni volume propone un tema : 1 segni, 2 colore, 3 giochi, 4 parole, …
I volumi che ci riconducono in particolare all’argomento del mese sono :
trasformazioni (28) e cambiamenti (36).
Consigliato a insegnanti, educatori, genitori che credono in un apprendimento basato sulla partecipazione attiva del bambino, sullo sviluppo della sua creatività e in giornate di scuola in continuo divenire.
Marina Sirotti
Silvana Sperati, Fare per crescere, laboratori metodo Munari – 45 pubblicazioni in abbinamento a Corriere della Sera o La Gazzetta dello Sport e in collaborazione con l’associazione Bruno Munari ABM.
Tutto cambia
Un albo illustrato di poche parole che ad ogni pagina stupisce. Immagini grandi, avvolgenti, , potenti, dove il lettore entra e si perde in un sogno. Sembra proprio un sogno quello che succede a Joseph quella mattina. Joseph guarda con occhi meravigliati le cose intorno a lui , tutto ciò che fino ad allora era familiare e conosciuto, sembra rivelare una nuova identità. Nella cucina il bollitore compare con orecchie, coda e zampe da gatto, la poltrona diventa un gorilla…
Questo libro mi ha aiutato a dare la notizia del mio pensionamento ai bambini con cui avevo condiviso esperienze di scuola per 3 anni.
Grazie a questo libro insieme abbiamo trovato parole per vedere il cambiamento non solo come pericolo, ma come possibilità di evoluzione. Crescere vuol dire anche accettare che vivere significa rischiare il cambiamento.
Consigliato a chi è affascinato dalle illustrazioni mutevoli, le illusioni ottiche, e a chi deve affrontare un cambiamento ; in generale dagli 8 anni in poi.
Marina Sirotti
Anthony Browne, Tutto cambia– edizioni ORECCHIO ACERBO, Roma,2019
Le cose che passano
Le pagine di questo albo illustrato sono intervallate da fogli semitrasparenti che simulano i cambiamenti delle cose o il loro passaggio momentaneo: il sonno che finisce, una piccola ferita che si rimargina, i pidocchi che lasciano la testa…
Un albo da proporre ai bambini per riflettere sulle trasformazioni piccole e grandi della vita, un invito a lasciare andare le paure e a non temere i cambiamenti .
Ma anche a riflettere sui sentimenti veri, perché quelli non passano.
Consigliato dai 5 anni.
Beatrice Alemagna, Le cose che passano – Topipittori, Milano, 2019
Chakra, mandala, simboli
Un album con fogli staccati che offre molti mandala e simboli vari. Colorare i mandala è una forma di meditazione potente molto amata dai bambini, che può essere proposta anche ai più piccoli; con i bambini più grandi può essere un approccio che conduce alla costruzione dei propri mandala, seguendo le regole della simmetria e del ritmo e affiancando questa attività all’approfondimento della geometria.
Consigliato dai 7/8 anni
Antonella Bottazzi
Johannes Walter, Chakra, mandala, simboli – Macro edizioni, Cesena, 2016
Il mio primo libro di origami
Donatella Cecconi, Il mio primo libro di origami – Il Castello editore, Milano, 1991
Moltissimi sono i libri di origami; questo è adatto a chi approccia per la prima volta a questo particolare tipo di arte, per chiarezza e semplicità delle immagini e delle didascalie. Dopo un inizio in cui i bambini o i ragazzi necessitano di essere seguiti dal docente per comprendere le spiegazioni (anche quelle simboliche), qualcuno si appassionerà e vi stupirà; il libro mostra 40 modelli con difficoltà graduali.
Anche in questo caso è possibile abbinare l’attività di origami all’osservazione delle figure che via via si formano, approfondendo alcuni concetti geometrici .
Il valore di questa attività è che l’apprendimento passa attraverso le mani, il movimento, la percezione dello spazio vissuta tramite il corpo .
Consigliato agli adulti alle prime armi e da 8 anni.
Antonella Bottazzi
Animani
Mario Mariotti, Animani -Nardini, 2009
Un libro di immagini di mani che si trasformano in animali attraverso la forma e il colore. Un invito a vedere la realtà attraverso l’immaginazione , ad andare oltre. Dalla lettura può prendere spunto la creazione di storie inventate , l’imitazione del gioco stesso di trasformazione con le proprie mani, i colori o il vecchio gioco delle ombre cinesi.
Della stesso autore del precedente, molto simile, c’è anche:
Mario Mariotti, Rimani – Fatatrac, Firenze, 1989
Consigliati dai 7/8 anni
Antonella Bottazzi
Flatlandia
Un romanzo datato ma ancora godibile; racconta il mondo della geometria piana, immaginandolo attraverso gli occhi del reverendo Edwit Abbott Abbott, che descrive i personaggi che lo abitano attraverso le loro caratteristiche geometriche a due sole dimensioni, altezza e lunghezza.
Un libro che fa sorridere e che può servire ai docenti come strumento giocoso per introdurre alcuni concetti della geometria euclidea .
Consigliato ai docenti di matematica e geometria di ogni ordine e grado.
Edwit Abbott Abbott, Flatlandia – edizione Gli Adelphi, Milano,1966
Metamorfosi
Ultimo, ma non ultimo, un classico che già vi avevamo consigliato : non può mancare, dato il tema. Resta un libro a cui attingere in molte occasioni per gli archetipi che affronta, per la ricchezza del linguaggio e delle emozioni che sa regalare ad ogni età.
scuola e teatro, libri consigliati ed esperienze possibili.
Teatro e scuola
“Un uomo attraversa lo spazio e un altro lo osserva: è sufficiente questo a dare inizio a un’azione teatrale”. Per Peter Brook, come per Jerzy Grotowski, è da qui che bisogna partire, dall’istante di un incontro.
E dunque se teatro è incontro quale luogo migliore per praticarlo se non la scuola?
Il teatro è cura di sé , nel senso che insegna ad ascoltare il proprio corpo e le proprie emozioni.
È uno spazio interculturale, che realizza una didattica dei punti di vista e sperimenta pratiche di ascolto attivo.
È uno spazio che favorisce l’educazione alla cittadinanza attiva , nel momento in cui predisponiamo un contesto e uno spazio nel quale affrontare problemi sociali, creando un’occasione di dialogo e di confronto.
È un’attività che prevede la cooperazione come condizione irrinunciabile per la buona riuscita dell’azione teatrale stessa.
Il teatro inoltre è terra di mezzo tra fuori e dentro la scuola.
L’attività di teatro può essere di grande aiuto anche per bambini disabili o svantaggiati, che in questa forma riescono ad esprimersi , liberi da modalità di lavoro e valutazioni troppo legate ad abilità prettamente scolastiche.
Diversi sono gli approcci al teatro che la scuola può e deve, a nostro parere, promuovere. Uno di questi è certamente la fruizione di spettacoli degni di tale nome, che facciano riferimento a testi letterari o ad opere teatrali di spessore, preferibilmente recitati da bravi attori e messi in scena da registi capaci. In questo senso credo che se condividete con noi l’idea che il teatro educa e il gioco dell’immedesimazione cura, sia compito di ogni docente vedere tanto teatro, frequentarlo come frequenta le biblioteche e i musei. Teniamo conto del fatto, tra l’altro, che molti dei nostri ragazzi non farebbero mai l’esperienza di assistere ad uno spettacolo teatrale, semplicemente perché in molte famiglie non c’è questa abitudine. La scuola può colmare un vuoto.
Ma un approccio non meno importante che offre moltissime opportunità di crescita del singolo e del gruppo, è fare teatro a scuola, esserne protagonisti.
È pratica abbastanza comune nella scuola dell’infanzia e alla primaria, poi sempre meno nei gradi che seguono, quella di provare a mettere in scena opere classiche e non solo.
Qualcuno si serve di copioni già predisposti, che facilitano chi non si sente preparato a gestire uno spettacolo dalla scrittura del testo alla messa in scena. Questa strada però limita enormemente le potenzialità dello strumento, il coinvolgimento emotivo e la partecipazione attiva e consapevole dei bambini/ragazzi.
È vero, noi docenti non siamo registi, ma se la pretesa non è quella di creare un’opera colossale, possiamo dare dignità a testi e pensieri espressi dai ragazzi. Talvolta ci possono aiutare esperti, che passando da un laboratorio centrato sui ragazzi, ci forniscono materiale per creare una rappresentazione che appunto li rappresenti e dia dignità e valore ai loro pensieri. Insegnante ed operatore teatrale, insieme, possono essere costruttori e conduttori del percorso.
Nel teatro sono coinvolti il corpo, la voce, lo sguardo, le emozioni, ingredienti irrinunciabili del nostro fare scuola.
Una delle carte vincenti da subito quando si propone l’attività teatrale ai bambini e ragazzi, è che questa cattura in modo piuttosto spontaneo la loro attenzione; ed è così che testi anche difficili, complessi, vengono affrontati con spirito nuovo, giocoso e teso alla comprensione legata alla necessità di comunicare.
La grande sfida, nel tradurre un testo o le parole pronunciate da uno studente e inserirle in una restituzione teatrale, è quella di non perdere il pathos che li accompagna mentre si leggono o si pronunciano la prima volta.
Per tutti questi motivi e altri ancora, le proposte che seguono non vogliono essere una serie di copioni in scatola da riproporre pedissequamente, ma suggestioni che aprano ad esperienze uniche e irripetibili.
Quelle che seguono pertanto sono proposte molto diverse tra loro, che spaziano dalla fiaba, al mito, alla tragedia…
Buon lavoro e buon teatro.
Pinocchio nero
Come recita il sottotitolo, si tratta di un viaggio vero e proprio, in cui Marco Baliani, partendo da un progetto di AMREF con i ragazzi di strada di uno slum di Nairobi, durato due anni e mezzo, si mette in relazione con loro e costruisce uno spettacolo in cui , insieme al testo di Collodi, mette in scena anche le parole dei ragazzi.
Come afferma lo stesso Baliani: “Le cose che ho insegnato loro sono numerose almeno quanto quelle che ho appreso . Questi ragazzi sono profondamente diversi da me … eppure ci siamo davvero incontrati, il teatro ci ha permesso di conoscerci, nonostante gli apparenti ostacoli della lingua, del colore della pelle , delle condizioni di vita.”
Dalle parole di Baliani, che ha vissuto certamente un’esperienza estrema, traspare anche la possibilità che si apre quando, nel fare teatro, si va oltre la competenza linguistica. E questo aspetto, nella scuola multietnica, spesso ci tocca e ci mette alla prova.
Marco Baliani, Pinocchio nero, diario di un viaggio teatrale –ed. Rizzoli, Milano,2005
Consigliato ai docenti di ogni ordine e grado e ai ragazzi dalla secondaria di primo grado in su.
Antonella Bottazzi
The black Pinocchio
La stessa storia di cui sopra viene raccontata e supportata da foto e dal video in DVD dello spettacolo stesso.
Un libro reportage che dà vita alle parole dei ragazzi, restituendo loro la facoltà di dire, di riflettere, di farsi attori di sé.
Citando la prefazione di Marco Baliani : “Attraverso il progetto i ragazzi diventavano gruppo, , si rafforzavano nella solidarietà, scoprivano attraverso il teatro la possibilità di esprimersi …. Ciascuno dei ragazzi ha una voce, parla, può raccontare di sé, ha trovato qualcuno che lo ascolta … già solo per questo può permettersi di narrare la sua esperienza come un c’era una volta”. E questo può essere vero anche nelle nostre classi.
Consigliato ai docenti e ai ragazzi della scuola secondaria di primo e secondo grado.
Antonella Bottazzi
Ecco un estratto del video:
Giulio Cederna e John Muiruri,The black Pinocchio,le avventure di un ragazzo di strada, ed. Giunti, Firenze, 2005
I bambini pensano grande
In questo libro, in cui Lorenzoni racconta l’esperienza pedagogica nel piccolo paese di Giove, nel cuore dell’Umbria, i bambini pensano e parlano attraverso il suo narrare.
Così questo libro, che contiene indicazioni concrete per un insegnamento innovativo, non è un burocratico manuale di didattica che si aggiunga a una fila troppo lunga. All’opposto ogni pagina trabocca di spontanea poesia, pur non indugiando in un’estetica compiaciuta del mondo incantato dell’infanzia. Nel diario di un anno di scuola, in cui ciascun allievo è protagonista di una ricerca comune, si mostra il cuore del dialogo didattico: “provare a dare forma al mondo”. E una proposta pedagogica nuova, evidentemente capace di cercare un senso all’esistere e al far esperienza, diventa anche un racconto antropologico. Uno dei capitolo è dedicato al teatro e al tentativo ardito di mettere in scena pensieri e voci dei bambini, partendo da un lutto che ha toccato profondamente tutta la comunità e dalle tante riflessioni filosofiche fatte durante tutto l’anno, anche sul tema della vita e della morte.
Consigliato ai docenti di ogni ordine e grado.
Antonella Bottazzi
Franco Lorenzoni, I bambini pensano grande, ed. Sellerio, Palermo, 2014
Manuale di piccolo circo
Il circo è una forma teatrale che coinvolge i bambini senza se e senza ma.
Quella di piccolo circo è un’arte che si tramanda non da genitori a figli, ma da compagno a compagno, non lascia grandi tracce né dinastie, anzi: sembra scomparire per poi riaffiorare sempre uguale, sempre diversa e vitale.
Il libro propone esercizi e gag semplici e di grande effetto, spiegandoli in modo chiaro anche attraverso disegni stilizzati ed esplicativi.
L’autore ha lavorato come saltimbanco e artista di piazza ed è creatore, insieme alla moglie Camilla Peluso, della prima scuola di circo per bambini .
Per chi ha voglia di mettersi in gioco come docente, un libro prezioso, che fa riscoprire il valore del gioco nel processo di apprendimento.
Consigliato ai docenti e ai bambini da 6 anni in su.
Antonella Bottazzi
Claudio Madia, Manuale di piccolo circo, ed. Feltrinelli Kids, Milano, 2003
Il circo delle nuvole
Un albo illustrato in rima con le coloratissime illustrazioni di Gek Tessaro, che ancora una volta stupisce con una storia non banale, ma assai divertente che fa riflettere sul valore del denaro e delle cose e del fatto che non tutto si può comprare. Può diventare la base per un copione di uno spettacolo di piccolo circo.
Gek Tessaro, Il circo delle nuvole– Lapis, Milano, 2015
Di seguito alcuni stralci di spettacoli con Gek Tessaro.
Un libro che raccoglie alcuni racconti del Dr. Seuss, pseudonimo di Theodor Seuss Geisel ,scrittore e fumettista statunitense di origini tedesche. Ha scritto tanto per i bambini , quasi sempre i testi sono in rima, leggeri, divertenti e pieni di fantasia. Libri che educano e divertono con storie tenere e profonde. Lui stesso dice : “Mi piacciono le assurdità, svegliano le cellule cerebrali. La fantasia è un ingrediente necessario nella vita. È un modo di guardare la vita dalla parte sbagliata di un telescopio… e questo ti permette di ridere di tutte le realtà della vita.”
Dalle prime righe del libro appare subito la differenza tra Snicci stellati e snicci comuni, resterà differenza o diventerà disuguaglianza? La storia potrà diventare occasione per parlare di giustizia e di diritti anche tra i bambini più piccoli
“Gli Snicci Stellati
sulle pance hanno le stelle.
Gli Snicci Comuni hanno solo la pelle.
Non son stelle grandi, ma piccine abbastanza
Da farti pensare che non hanno importanza.”
Consigliato dai 4 anni in su.
Marina Sirotti
dr. Seuss, Gli Snicci e altre storie – Giunti edizioni, Firenze, 2022
La battaglia del burro
dr. Seuss, La battaglia del burro – ed. Giunti, Milano, 2021
Un altro testo in rima, con filastrocche apparentemente assurde, che potrà essere un modo per parlare di muri, di guerra e di corsa agli armamenti , a bambini e ad adulti.
Gli Zighi e gli Zaghi sono due popolazioni divise da un muro e in lotta tra loro.
Perché ? Uno sostiene che la fetta di pane va imburrata di sopra, l’altro dice che il burro va spalmato sotto. Così i due guardiani del muro cominciano la guerra. È una battaglia senza esclusione di colpi, alla ricerca di armi sempre più strampalate e micidiali. La battaglia del burro non ha un finale, ma lo lascia intendere al lettore: se si decide di lanciare la bomba il mondo finirà, se si decide di dare tregua alla guerra di sguardi forse invece c’è ancora una speranza per l’umanità.
La lettura del testo è molto coinvolgente, i bambini si schierano con gli Zighi o con gli Zaghi , ma soprattutto, se invitati a farlo, raccontano di loro e del loro mondo.
Consigliato ad adulti e bambini da 6 a 99 anni.
Marina Sirotti
Il viaggio di Djuha, un furbo sciocco in giro per il mondo
Riproponiamo il testo di Adriana Querzè, pedagogista e Arturo Ghinelli, docente . I due hanno selezionato una raccolta di storie brevi tramandate oralmente ; le storie hanno per protagonista questa figura popolare e si sono diffuse in gran parte dei nei paesi affacciati sul mar Mediterraneo. Giufà o Djuha o Giucà è una sagoma buffa ma anche educativa. Le sue azioni tragicomiche di permettono di sorridere e di riflettere.
Tante sono le storie e tutte piuttosto facilmente rappresentabili teatralmente come “ Giufà e la porta”, “Giufà e la statua di gesso”, “Il chiodo e Giufà”.
Gli uomini e le donne di ogni parte del mondo, che seguono religioni diverse, che parlano lingue diverse , che hanno regole diverse, hanno anche cose che possono unire, come le storie di Giufà, narrate in Italia, in Africa, in Turchia, in Albania, in Germania. Marco (8 anni) sintetizza così questa abitudine di alcune storie a spostarsi nel mondo:“ Noi siamo diversi, ma le nostre ombre sono uguali “ .
Consigliato ad adulti e bambini da 6 a 99 anni.
Marina Sirotti
a cura di Adriana Querzè e Arturo Ghinelli, I viaggi di Jduha, un furbo sciocco in giro per il mondo, Comune di Modena, 1993
Giufà e il re Salomone
Storie consigliate dai 7 anni.
Marina sirottti
Asacanio Celestini e Maja Celija, Giufà e il re Salomone– Donzelli, Roma, 2009
Esercizi di stile
Un libro che propone 99 versioni della stessa storia, rivisitata ogni volta in uno stile letterario differente.
La trama è semplice e banale: Parigi , verso mezzogiorno, su un autobus affollato, un uomo si lamenta con chi lo spinge di continuo e, non appena trovato un posto libero, lo occupa. Il narratore, due ore dopo, rivede l’uomo alla Gare Saint-Lazare con un amico, che gli dice di far mettere un bottone sulla sciancratura del soprabito.
Un libro che apre a letture differenti e a diverse interpretazioni teatrali, mai noioso e in grado di far riflettere sull’estetica e sul senso che le parole e il tono possono dare alla semplice narrazione di un fatto.
Consigliato dalla scuola secondaria di primo grado in su.
Antonella Bottazzi
Raymond Queneau, Esercizi di stile– ed. Einaudi, Torino, 1983
P.Ovidio Nasone, Filemone e Bauci, tradotto da Cristiana Pezzetta, ed. Topipittori, Milano, 2022
Certo, importante sarebbe leggere il testo originale, racchiuso nelle “Metamorfosi” di Ovidio, ma questo albo illustrato e ben tradotto, si respira la possibilità di andare oltre le immagini, che non sono troppo didascaliche, ma evocative.
L’albo può cioè agevolare , se mai ce ne fosse bisogno, la vicinanza ad un mondo così lontano dal reale, ma così vero e profondo nei sentimenti che suscita. I miti restano certamente un tipo di testo da esplorare e che molto si presta a diventare rappresentazione teatrale, specie se sul testo riusciamo a fare un’opera di arricchimento tramite i pensieri e le riflessioni dei ragazzi, toccando anche temi che nella nostra società sono ormai divenuti tabù. Non è un copione teatrale.
Consigliato dai 10 anni in su.
Antonella Bottazzi
Metamorfosi
Un classico con testo a fronte e un saggio di Italo Calvino. Miti di trasformazione che esplorano gli archetipi dell’umano sentire. Le storie dei miti, lette in forma originale, seppur non comprese in tutti i termini specifici, suscitano nei bambini, anche piuttosto piccoli, immaginazione ed immedesimazione. È un testo potente; può certamente essere fonte di ispirazione per scrivere insieme ai ragazzi un copione teatrale dove la forza della storia evoca passioni ed emozioni in ciascuno di noi.
Consigliato a tutti i docenti che potranno leggerlo o narrarlo a bambini da 8 anni in su.
Come introdurre un giovanissimo lettore a questi capolavori letterari? Guidati dal poeta-drammaturgo Roberto Mussapi, con questa collana si è scelta una struttura semplice; ogni opera è sintetizzata in cinque scene come fossero cinque atti di un dramma. Mussapi racconta cosa accade in queste scene e ciò che è accaduto prima e dopo. Giorgio Bacchin, illustratore, rappresenta invece le scene. Ogni scena si apre con un’ampia rappresentazione dell’epoca dell’autore: la Firenze di Dante Aligheri, la Londra di William Shakespeare, la Parigi di Molière e la campagna Toscana di Goethe. Anche questi non sono copioni teatrali.
Roberto Mussapi, Giorgio Bacchin, La divina commedia di Dante Alighieri – Jaka Book, Milano, 2008
La tempesta di Shakespeare
Roberto Mussapi, Giorgio Bacchin, La tempesta di Shakespeare – Jaka Book, Milano, 2008
Il Faust di Goethe
Roberto Mussapi, Giorgio Bacchin, Il Faust di Goethe – Jaka Book, Milano, 2009
Per chi vuole approfondire:
Saltatori di muri
Questo testo racconta un incontro reale con gli immigrati e l’impegno a restituire loro la parola, attraverso l’ascolto attivo.
Parla dell’incontro con il teatro di Mandiaye N’Diaye, giovane senegalese divenuto attore attraverso il teatro delle Albe di Marco Martinelli, a Ravenna; parla di cosa ha significato per gli animatori di un gruppo interculturale , composto da italiani e immigrati, la possibilità di narrare nelle scuole di Palermo.
Parla cioè di una sfida : l’incontro tra educazione e accoglienza nell’ottica di costruire una convivenza interculturale a partire dal territorio e dalla narrazione orale.
È un testo che cambia i nostri punti di vista, invitandoci ad accogliere l’altro e la sua cultura.
Consigliato ai docentidi ogni ordine e grado
Antonella Bottazzi
Franco Lorenzoni, Marco Martinelli, Saltatori di muri, Macro edizioni, Cesena, 1998
L’ospite bambino
È il diario di un maestro ed educatore quello che Lorenzoni scriveva in quegli anni, in cui racconta il suo misurarsi e mettersi in gioco con le culture altre attraverso esperienze forti , sempre immerso nella natura, passando in molti casi attraverso azioni teatrali; azioni che mettono in contatto con il mondo esterno, con il proprio corpo, con chi sta vicino a noi. Non vuole essere un trattato di pedagogia e didattica, ma può suscitare nei docenti o educatori il desiderio di sperimentare approcci diversi, forti delle esperienze che testimoniano come l’apprendimento e la crescita globale di ciascuno di noi siano mediati dal corpo e dal contatto significativo con la natura e con gli altri.
Il libro di Lando Landi, L’avventura di Hula, pubblicato qualche tempo fa in ebook nella collana RicercAzione, ha stimolato la riflessione, presso un gruppo di insegnanti, sulle esperienze e sulla didattica della storia nella scuola primaria.
Ne abbiamo dialogato in redazione sottoponendo a Lando Landi alcune domande.
Come è nato il progetto di questo libro? Che cosa ti ha ispirato a scriverlo? La prima motivazione profonda a scrivere L’avventura di Hula è nata dall’interesse che ho sempre nutrito, fin da bambino, per la Preistoria. Ricordo ancora chiaramente l’emozione che provai quando nel 1939, avevo allora 8 anni e frequentavo la terza elementare (a quei tempi in terza non si studiava la Preistoria ma il Risorgimento italiano), fu scoperto, all’interno della Grotta Guattari a San Felice al Circeo, il cranio di un Homo Neanderthalensis al centro di un cerchio di pietre. Divenuto maestro ho sempre apprezzato il valore educativo delle attività laboratoriali per lo stimolo che esse danno, come afferma John Dewey (How we think, Boston 1933), allo sviluppo dell’intelligenza per ricercare la soluzione dei problemi che inevitabilmente sorgono durante il lavoro manuale. Le attività laboratoriali possono anche motivare la cooperazione per facilitare il raggiungimento di un obiettivo condiviso. Il lavoro di gruppo, aspetto fondamentale della metodologia dell’educazione attiva, offre ai bambini occasioni per discutere e riflettere, mentre l’orizzonte sociale più ristretto che lo caratterizza agevola la comunicazione anche ai più timidi, facilitando il confronto dei diversi punti di vista e la circolazione delle conoscenze. L’interazione linguistico-cognitiva tra pari che si crea all’interno del gruppo, a sua volta, può portare, mediante la negoziazione dei significati e il ragionamento collettivo, a livelli notevolmente alti di organizzazione concettuale. (Cfr. Cousinet R., 1952; De Bartolomeis F., 1978; Pontecorvo C., Ajello A.M, Zucchermaglio C., 1991; Kaye A.R. 1994, pp 22-35; Ligorio B. 1994, pp 71 – 86; 1995). Tutto questo ha fatto sorgere in me il desiderio di scrivere un libro che mediante la forza evocativa di un racconto stimolasse i bambini a svolgere attività laboratoriali.
In quale modo secondo te un racconto a sfondo storico può risultare utile per l’insegnamento della Storia nella scuola primaria? Un racconto storico non può sostituire la ricerca su buoni testi, ma se ben documentato può avere un importante valore educativo. L’insegnante può ad esempio proporre ai suoi alunni di verificare, attraverso una seria indagine condotta in biblioteca, consultando online siti affidabili o intervistando esperti se la vita quotidiana o le vicende descritte nel racconto sono pertinenti e coerenti con i risultati della ricerca storiografica. Questo modo di procedere può, tra l’altro, abituare i giovani a controllare l’attendibilità della “carta stampata”. Un obiettivo che si poneva lo stesso Célestin Freinet con l’invenzione del “Giornalino”: stimolare la formazione del pensiero critico. Un racconto storico, una volta controllata la sua attendibilità, può richiamare l’attenzione del lettore sulle caratteristiche strutturali (Krzysztof Pomian, Storia delle strutture, Milano 1980) della società dell’epoca nella quale è ambientata la vicenda. Infine un racconto può stimolare i bambini a intervenire per trovare un finale diverso (Gianni Rodari, Tante storie per giocare, Torino 2011), o per divenire, a loro volta, autori di altri racconti (Mario Lodi, La Biblioteca di Lavoro).
A questo proposito riporto il racconto documentario inviatomi da Chiara Meriggi, una maestra MCE di Sesto Fiorentino, e un breve video ricevuto da Sara Riva, un’altra maestra MCE di Lecco, le quali avevano letto il mio racconto ai loro bambini.
«Malgrado nel libro si raccomandi ai ragazzi di farsi aiutare da un adulto, Gabriele, “Testa Dura”, ha voluto fare tutto da solo… era però presente nonno Giovanni che ha scattato alcune fotografie. Per prima cosa ha cercato, lungo il corso di un torrente, una pietra di forma triangolare abbastanza sottile, adatta a divenire la lama dell’accetta. Ha spaccato con una roncola un’estremità del ramo destinato a divenire il manico dell’accetta. Poi ha inserito a forza la lama di pietra nella spaccatura… quindi l’ha fissata strettamente con uno spago. Ma Gabriele non è il solo… anche Caterina c’è riuscita! Di Chiara ho anche il resoconto della sua esperienza con La storia di Hula e una presentazione in pdf, Valutazione formativa e progettazione didattica, nella quale si parla ancora di Hula.
Cliccando qui vedrete il video prodotto dalla classe di Lecco. La nevicata finale, spiega la maestra Sara, è stata realizzata con la polvere ricavata dalla lavorazione della steatite, un’altra attività laboratoriale proposta dal libro.
Da questa conversazione scaturiscono inevitabilmente pensieri e riflessioni su come, oggi e nel passato, si propongono a bambini e ragazzi attività finalizzate all’acquisizione dei concetti che sottendono a questa disciplina; ci si chiede anche a quale titolo la narrazione fantastica può affiancare, nella pratica didattica per la scuola primaria, la lettura di testi, la ricerca di documentazione di fatti storici, l’avvio all’uso delle fonti scritte, di documenti e fonti iconografiche… quale – corretto e non semplice – rapporto si può impostare con il concetto di “passato”, oggi che tutto, per l’apporto della tecnologia e del dilagare delle immagini, tutto sembra “presente” e contemporaneo…
Tutte questioni su cui intendiamo interrogarci, auspicando il confronto con il pensiero e le pratiche didattiche dei colleghi.
A partire da questo spazio-blog che accoglierà le idee e le proposte di chi vorrà…partecipare.
La redazione
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Nella collana RicercAzione è uscito recentemente questo nuovo titolo, a cura di Diana Penso e Roberta Sambo.
Un libro collettivo, nato dalla collaborazione tra educatori, educatrici di nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, provenienti da varie realtà italiane, che svolgono attività di ricerca all’interno del Gruppo Nazionale Zerosei del Movimento di Cooperazione Educativa e di cui Diana Penso è responsabile.
Con piacere ospitiamo la presentazione di una delle curatrici:
Il testo, organizzato in tre sezioni, racchiude già nel titolo i temi fondamentali dell’approccio pedagogico MCE e si propone come prezioso contenitore, una scatola di cui far memoria di vissuti e riflessioni che hanno caratterizzato un biennio molto particolare e assolutamente inedito: ascolto, sguardo, cura, relazioni. Tutti temi “portanti” della pedagogia e della didattica MCE.
La chiusura improvvisa e repentina di nidi e scuole nella primavera del 2020 e le riorganizzazioni imposte dai decreti ministeriali anti Covid nell’anno scolastico successivo, hanno determinato uno shock iniziale e una necessaria e rapida revisione delle modalità di lavoro. Era necessario cambiare le modalità, e altrettanto fondamentale mantenere legami, ascolto e cura delle relazioni con bambine/i e con le loro famiglie.
Le domande, i timori, le riflessioni che hanno attraversato tutti i gruppi di lavoro nei contesti educativi 0-6 trovano una descrizione nella prima sezione del testo, Lo sguardo e la cura: era necessario ri-pensare e ri-organizzare contesti educativi in cui la distanza permettesse comunque di garantire i legami, cercando di rispondere ai bisogni di tutti/e, senza interrompere i percorsi di lavoro intrapresi con bambini/e con bisogni educativi specifici.
Un cambiamento che ha dovuto rimodellarsi facendo appello a risorse e modalità offerte dal digitale, per molte/i inconsuete, talvolta quasi sconosciute, forse osteggiate. Tuttavia una risorsa e uno strumento potente, anche in termini cooperativi, che ha offerto possibilità in una chiave e in un linguaggio contemporaneo ma che ha posto in risalto, ancora una volta, nei mesi di restrizioni acute della pandemia, le molte forme di povertà e difficoltà delle famiglie. Uno strumento che ha messo in contatto educatrici/educatori, maestre/i e famiglie in maniera inedita, entrando di fatto negli spazi di vita privati di ciascuno, permettendo anche sguardi su relazioni e realtà familiari talvolta difficilmente leggibili nei normali contesti educativi.
Nel racconto delle esperienze della sezione I fili e le trasformazioni emerge l’urgenza iniziale di “riparare” il distacco improvviso dovuto alla pandemia mettendo in campo strumenti “storici” della pedagogia MCE, come la corrispondenza per raccontare e condividere le esperienze e i disagi del momento, o le scatole per raccontare, fare memoria, simbolizzare un delicato e fragile vissuto emotivo dato dalla forzata clausura e scomparsa delle relazioni.
Il volume si chiude con una terza parte intitolata Oltre i confini: prospettive future.
È patrimonio comune, appreso nel corso della pandemia, che ci sono nuovi ponti da costruire e attraversare, anche con l’approccio agli strumenti e ai linguaggi contemporanei digitali, e con una visione ben tracciata dai recenti e fondamentali documenti ministeriali data dalle Linee Pedagogiche per Sistema Integrato zero sei e dagli Orientamenti nazionali per i Servizi Educativi per l’Infanzia. Tutti strumenti preziosi da utilizzare ora e in futuro.
Diana Penso
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In occasione dell’anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il prossimo 20 Novembre, la Fimem (Federazione Internazionale dei Movimenti di Scuola Moderna www.fimem-freinet.org ) e il MCE (Movimento di Cooperazione Educativa www.mce-fimem.it) propongono a gli/le insegnanti del Mondo intero ad essere più che mai operatori di pace.
Tutte/i insieme facciamo in modo che il 20 Novembre 2022 sia la “Giornata internazionale del diritto alla pace“. Iniziamo o continuiamo un percorso di Educazione alla pace che prosegua tutto l’anno.
Leggete la locandina per tutti i dettagli organizzativi della partecipazione.
Un convegno nazionale a Pisa il 18 Novembre 2022, dalle 9.30 alle 18.00, forse, completa le proposte per riflettere insieme sull’importante eredità di Mario Lodi.
È richiesta l’iscrizione al link riportato in fondo alla locandina.
In occasione del webinar MCE che si terrà sulla piattaforma zoom lunedì prossimo, 23 maggio, abbiamo rivolto alcune domande a Enrico Bottero, traduttore, per MCE, della nuova edizione italiana della Scuola “moderna”. Guida pratica per l’organizzazione materiale, tecnica e pedagogica della scuola “popolare”, Asterios, Trieste 2022, apparso di recente in libreria.
Gentile professore, in merito a questo libro, da Lei recentemente tradotto dal francese, quali ritiene siano i punti essenziali di cui un lettore italiano deve tener conto nella lettura?
La scuola “moderna”, testo scritto durante la seconda guerra mondiale in un periodo, per Freinet, di immobilità forzata, è una sintesi efficace dell’organizzazione della classe cooperativa. Prima di allora, spinto dall’esigenza dell’azione, aveva scritto articoli sulle esperienze delle diverse tecniche. Solo durante la guerra scrisse un libro che le presenta tutte insieme grazie alla descrizione di una giornata nella scuola. Di qui l’importanza del volume che abbiamo pubblicato. Per comprenderla è però necessario contestualizzare distinguendo tra ciò che è inevitabilmente datato e ciò che possiamo considerare di attualità.
Iniziamo dal primo aspetto. Soffre inevitabilmente dell’usura del tempo la concezione provvidenziale della storia che emerge fin dalle prime pagine (la certezza del prossimo avvento della società socialista). È pur vero che dobbiamo rivendicare un rapporto tra pedagogia e politica, oggi pericolosamente ignorato (il che vorrebbe dire legittimare lo statu quo), ma non abbiamo più quelle “certezze”. Non abbiamo più una teodicea, la certezza di un’utopia realizzata. Abbiamo ancora una speranza ma, fortunatamente, meno certezze. Un altro aspetto legato al tempo trascorso è l’utilizzo di tecniche e materiali ormai desueti. Oggi non si usano più la tipografia o il ciclostile né si utilizzano le bandes enseignantes. Abbiamo nuovi strumenti e nuovi materiali. Dobbiamo utilizzarli al meglio nello spirito della scuola “moderna”. Abbiamo anche una società ben diversa. Quando scriveva Freinet c’era una scuola chiusa e impermeabile alla vita. Oggi c’è ancora chiusura ma la vita fuori dalla scuola è diversa perché molto più condizionata dal consumismo. Che cosa vuol dire oggi aprire la scuola al mondo, alla vita? L’apertura alla vita va pensata per evitare di diventare strumenti di logiche mercatistiche (a volte richieste dagli stessi genitori). La scuola deve essere un luogo in cui i ragazzi, affinché possano apprendere a cooperare, siano protetti dalla pervasive logiche competitive del moderno “capitalismo pulsionale”.
Detto questo, la grande attualità del libro sta nel fatto che mette al centro dell’azione dell’insegnante l’organizzazione materiale del lavoro. Se vogliamo superare la pedagogia tradizionale, dice Freinet, dobbiamo agire sull’organizzazione del lavoro. Una sua frase dovrebbe farci riflettere: «L’efficienza intellettuale, morale e sociale della vostra educazione non è solo condizionata, come ci hanno fatto credere per troppo tempo, dalla personalità dell’educatore o dal potere magico di un metodo. L’efficienza dipende dal materiale utilizzato, dalla sua perfezione e dall’organizzazione tecnica del lavoro».
Questa affermazione è agli antipodi della mentalità idealistica (ancora diffusa in Italia, più di quanto non si creda) secondo cui sarebbero la genialità dell’educatore, la sua capacità empatica, e magari “seduttiva”, a fare la differenza. Se vogliamo cambiare la scuola, dice Freinet, «dobbiamo smettere di contare sui casi eccezionali», (anche se lodevoli) magari, aggiungo io, facendone delle icone: «…cerchiamo strumenti, tecniche e un’organizzazione che consentano i migliori risultati educativi con insegnanti normali» i quali dovrebbero comunque credere nell’utilità delle tecniche e nel progetto pedagogico che le motiva.
Un altro aspetto importante del libro, anche se ancora sotto traccia («Cooperazione Educativa», n. 2, 1963), è la consapevolezza che la pedagogia proposta da Freinet non sia solo un insieme di tecniche ma un vero e proprio sistema. L’originalità di Freinet, non sta nelle singole tecniche (quasi tutte mutuate da altri educatori) ma nell’aver costruito una loro sintesi coerente. Coerente con che cosa? Con alcuni principi di fondo: si parte dall’espressione libera e creativa dei ragazzi e dalla comunicazione (si fa qualcosa per qualcuno, non compiti “scolastici”) e, con l’occasione, si lavora per giungere agli apprendimenti (pratici e cognitivi). Freinet ha indicato, concretamente, la via di una pedagogia degna di questo nome: conciliare l’esigenza di finalizzazione (dare un senso a ciò che si fa a scuola) con quella di formalizzazione (acquisire saperi e competenze pratiche e intellettuali).
I due fattori qui nominati che segnano l’attualità del libro (centralità dell’organizzazione e natura sistemica della pedagogia Freinet) indicano una scelta: la pedagogia Freinet (che non è “metodo”) deve evolversi (anche con nuove tecniche) ma senza modificare la sua struttura di fondo, i suoi principi. Se la cooperazione tra insegnanti ha luogo condividendo pratiche più che teorie, le tecniche Freinet sono un punto di riferimento essenziale. Non bisogna ogni volta reinventare l’ombrello. Se c’è già un buon ombrello che ci copre insieme dalla pioggia, partiamo da quello, miglioriamolo e arricchiamolo insieme. È anche questo un suggerimento di Freinet.
Sappiamo e apprezziamo i corsi di formazione che sta tenendo per insegnanti di scuola primaria. Quale, a suo avviso, è per i docenti di oggi l’attualità di questo “maestro” tanto apprezzato nel Movimento di Cooperazione Educativa?
Credo che l’attualità di Freinet (ma vorrei qui ricordare l’importante contributo della moglie Elise, troppo spesso misconosciuto) tra i maestri e le maestre di oggi consista proprio nella concretezza e realizzabilità delle tecniche. Gli insegnanti che, insofferenti della pedagogia tradizionale, cercano nuove vie trovano nella pedagogia Freinet e nelle tecniche una proposta praticabile per dare concretezza alle idee che li/le animano. Per questo sono importanti i momenti di ricerca/formazione. Non si tratta di “insegnare agli insegnanti” le tecniche che dovrebbero “applicare”, ma di condividere esempi attuali di organizzazione della classe cooperativa in modo che ciascuno possa sperimentare la sua via, tenendo conto delle condizioni materiali e umane del suo contesto. Le nuove esperienze vanno poi documentate, condivise e discusse insieme (in questo modo arricchite ed eventualmente corrette). Lavorare insieme sulle tecniche vuol dire cooperare concretamente tra insegnanti. È quello che molti di loro stanno cercando di fare, spesso utilizzando le piattaforme web che permettono di comunicare anche con i colleghi lontani. Solo un adulto capace di cooperare realmente con gli altri (dunque disposto ad accogliere le eventuali critiche e a modificare le proprie azioni, autoregolandosi) può promuovere un gruppo cooperativo con i suoi ragazzi. Lavorando con gli/le insegnanti mi rendo conto di quanto i molti impegni a cui oggi sono vincolati (anche grazie ad alcune derive dell’aziendalismo scolastico) rendano più difficile dedicare tempo alla documentazione e alla cooperazione con colleghi “freinetiani” che spesso lavorano in scuole lontane. Si tratta comunque di una via obbligata. Non bisogna demordere se vogliamo dare un futuro alla pedagogia cooperativa e “popolare”, a una scuola che sia democratica.
Ci può indicare, in breve, qualche esempio di condivisione e “uso” delle tecniche Freinet da parte di qualche docente nella sua pratica professionale quotidiana?
Si potrebbero fare molti esempi. Nel MCE oggi ci sono molti insegnanti che stanno lavorando con le tecniche. C’è chi è solo agli inizi e chi ci lavora da molti anni. Molto interesse, ad esempio, suscita il piano di lavoro. Io, tuttavia, non partirei da lì. Il piano di lavoro è una tecnica che ne riassume in sé molte altre (testo libero, attività di ricerca, preparazione di conferenze, lavoro sugli schedari di lingua e matematica, ecc.). Se non vogliamo che si riduca ad essere una risposta alla domanda di soluzioni per individualizzare le abilità di lingua e matematica attraverso esercizi prima sarebbe necessario introdurre alcune tecniche di vita. Molti insegnanti, giustamente, propongono e sperimentano in classe prima di tutto il testo libero, a cui seguono le tecniche di comunicazione (giornale, corrispondenza, radio, ecc.). Si rendono conto che il piano di lavoro senza solide basi nel metodo naturale non avrebbe alcun senso. Le classi che lavorano già con più tecniche arrivano naturalmente a costituire la cooperativa (o consiglio di cooperativa), un’istituzione di mediazione in cui si discutono proposte per la vita e il lavoro della classe, oltre a eventuali conflitti sulle attività e la loro gestione. Per operare, questa “istituzione” richiede però che si stia già lavorando con le tecniche. Se gli spazi di parola non hanno a disposizione attività comuni da organizzare si finisce per parlare solo dei problemi di relazione. Non va dimenticato che nella pedagogia Freinet la mediazione delle relazioni ha luogo attraverso l’impegno dei ragazzi in un lavoro comune.
A cura di Giuliana Manfredi
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