La pedagogia di Freinet e la scuola di oggi

Philippe Meirieu scrive nell’introduzione a questo libro di Enrico Bottero: “Tutti hanno gli occhi puntati sulle valutazioni quantitative, sulle certezze fornite dalle neuroscienze, sulle meta-analisi randomizzate costruite sul principio dell’industria farmaceutica. L’educazione diventa una semplice questione di tecniche più o meno sviluppate, più o meno validate, mai messe in discussione dal punto di vista etico. Tutto questo, naturalmente, a scapito di una riflessione pedagogica che comprenda la questione del futuro delle nostre società, delle nostre democrazie e del nostro pianeta.”

Questo tema dell’attenzione ai valori traspare da tutto il libro perché, mentre ripercorriamo le tecniche Freinet con un occhio all’oggi, sentiamo questa tensione critica e nello stesso tempo costruttiva per ridare un senso non solo a queste pratiche, ma anche a tutta la scuola nel suo complesso. Bottero è convinto che il rinnovamento della scuola debba passare attraverso pratiche concrete che offriamo ai nostri alunni insieme a materiali e oggetti prodotti dalle loro mani e dalle loro menti per mantenere sempre il contatto con la realtà, che è ciò che dà senso all’apprendere di ciascun individuo.

Pubblicare un libro sulla pedagogia cooperativa freinetiana ha senso oggi più che mai per ricostruire un’identità pedagogica che vada al di là del curriculum scolastico da sviluppare, che rimetta al centro l’alunno come persona in formazione, che non deve solo appropriarsi del sapere disciplinare ma anche di strumenti per diventare protagonista della vita sociale. Perché allora sono importanti le tecniche? Perché incorporano una visione politica della società e del ruolo della scuola e, facendo parte di una visione complessiva, costituiscono un sistema. Prese una per una non hanno lo stesso significato, messe tutte insieme restituiscono valori pedagogici fondamentali che nella nostra società dovrebbero essere riaffermati con forza, e non, invece, essere messi in secondo piano a favore di considerazioni di tipo aziendalistico della scuola.

Se interpretiamo, oggi, le tecniche entro questa visione, ci accorgiamo che il senso da dare a pratiche come il testo libero, le creazioni matematiche, la tipografia, i brevetti, le istituzioni vanno molto al di là della tecnica in sé, ed esse contribuiscono a “dare senso” complessivamente a tutto il progetto di scuola che ne scaturisce. Assaporiamo il valore del lavoro, della cooperazione, della classe come comunità che apprende e che riproduce al suo interno quella struttura sociale che fatichiamo a ritrovare fuori dalla scuola, ma a cui deve tendere ogni società democratica. Quindi studiamo, impariamo, applichiamo le tecniche e diamo nuova vita a questo modello di scuola, se vogliamo trasmettere alle nuove generazioni non solo conoscenze ma anche e soprattutto competenze consapevoli e valori.

Dalla lettura di questo libro mi sono sorte spontanee alcune domande che ho posto direttamente a Enrico Bottero nella breve intervista che condivido.

Donatella Merlo

Per maggiori informazioni sull’autore e sul libro clicca sulla copertina

Condividi:

Ancora sull’educazione linguistica

Su tre titoli di educazione linguistica pubblicati nella collana di ebook RicercAzione del MCE vale la pena, a mio avviso, porre attenzione da parte degli insegnanti di scuola primaria (ma non solo).

Scrivere insieme, Come si impara a leggere e scrivere, Rami di uno stesso albero trattano argomenti tra cuisi potrebbe tracciare un filo rosso di continuità, poiché tutti e tre si soffermano su temi-chiave del pensiero pedagogico e della didattica MCE: la lingua, l’ascolto e la parola scritta come strumento potente per la costruzione dell’identità e della socialità, per cui l’obiettivo primario dell’insegnante è senz’altro il «Dare tutti gli usi della lingua a tutti» come auspicato da Tullio De Mauro. Nel primo dei tre volumetti gli autori, Vretenar e Cavinato, offrono riflessioni ma soprattutto indicano pratiche di scrittura e, in particolare, esempi di come si costruisce e si mette a punto, correttamente, un testo collettivo, ricordando come questa modalità sia stata praticata fin dalla scuola di Barbiana, da don Milani.

Campolmi, nel secondo libro, propone strategie sperimentate che favoriscono, nel bambino, un approccio felice e motivato alla scrittura e alla lettura, secondo un “metodo” naturale, a partire dai primissimi anni. L’educazione linguistica, afferma, si costruisce attraverso molteplici attività che affinano la capacità d’uso di registri linguistici differenti:

lettura; “taglia, incolla e costruisci”; storie per il giornalino;

disegno; filastrocca a memoria; problemi; conferenze;

messa a punto scritta di progetti; relazioni di semplici esperimenti scientifici in classe…

Nel terzo libro Bottazzi ci “impone” una riflessione su quanto sia importante predisporre a scuola momenti di ascolto e di narrazione, e indica, a tal fine, attività interessanti e ripetibili praticamente in tutti i contesti scolastici.

I riferimenti teorici, e anche pedagogici, per tutti e tre i libri sono noti e qualificati: De Mauro, appunto, e Dewey, Ferreiro, Teberosky, e su questi le indicazioni bibliografiche suggerite dagli autori sono sicuramente utili.

Di certo è molto significativa la citazione che Bottazzi riporta ad apertura di uno dei capitoli:

«Forse noi siamo le parole che raccontano quello che siamo.»

Eduardo Galeano, Il libro degli abbracci

Condividi: