Milleunlibro settembre

Quasi amici

L’estate sta per finire e con lei le vacanze e le nuove conoscenze fatte sotto
l’ombrellone o durante il cammino verso un rifugio alpino.

Può nascere un’amicizia con qualcuno che non ci somiglia? Che pare strano ai nostri occhi? La scuola ricomincia, sono passati mesi, abbiamo bisogno di ritrovarci col corpo, i sorrisi e le parole. In qualche caso i nostri alunni conosceranno nuovi compagni. E cosa ci può essere di meglio di un libro da leggere insieme, una piccola o grande storia che parli di incontri, incontri inconsueti e inaspettati, quelli capaci di sorprenderci? Eccoci qui perciò con suggestioni leggere, tanto per cominciare… un nuovo anno, nuove avventure anche per noi, docenti capaci di stupirci ad ogni nuovo incontro.

Il senso delle proposte di questo mese è proprio quello di promuovere la
conoscenza e la scoperta di un “ altro”.

Cari amici

La corrispondenza scolastica ai tempi di internet

Le opportunità didattiche offerte dalla corrispondenza scolastica: diversificate esperienze sul tema mostrano anche come si può fare buon uso dei social, mettendo insieme espressione, comunicazione e cooperazione.

Consigliato a docenti di secondaria di primo e secondo grado.

Nicolli, Carta e penna per nativi digitali, MCE,

Abbracciami

Riccio e Tartaruga chiedono solo un abbraccio, ma non sarà un’impresa facile…

In questo insolito, simpaticissimo libro illustrato, trascorri metà del libro con Porcospino e l’altra metà con Tartaruga, mentre entrambi cercano qualcuno che non abbia paura di abbracciarli: uno troppo spinoso, l’altra troppo dura; una storia di amicizia che si legge e rilegge in entrambe le direzioni, fino al grande abbraccio centrale!

Consigliato da 4 anni.

Antonella Bottazzi

Eoin McLaughilin, Abbracciami,  ill. Pollin Dunbar-ed. Happer Collins Italia, Milano, 2020

Gli amori difficili

Una raccolta di storie, anzi avventure, come le chiama Calvino, che narrano di amori difficili, spesso impossibili, incontri mancati, tristi, malinconici, a tratti ironici. Le storie sono scritte in anni diversi, ma il filo che le lega è quello di storie che portano con sé la difficoltà del vivere insieme.

 Consigliato ad adulti o ragazzi della scuola secondaria di secondo grado.

Antonella Bottazzi

 
Italo Calvino, Gli amori difficili– Mondadori, Milano, 2002

In una notte di temporale

L’incontro tra un lupo e una capretta nel buio di una capanna, in una notte di temporale. La scoperta di un amico sotto le spoglie di un nemico è una storia che sorprende, fa riflettere,aiuta forse a  rompere i pregiudizi, le frasi fatte.  Un input interessante per parlare di diversità attraverso un incontro fortuito e alquanto spiazzante.

Consigliato da 5 anni

Antonella Bottazzi

Yuichi Kimura, In una notte di temporale– Salani, Milano, 2022

Il meraviglioso mago di Oz

I bambini forse già conoscono la storia per averla vista sotto forma di cartone animato o film; il testo tuttavia è uno di quelli che può essere interrogato più volte, trovando sempre nuove chiavi di lettura e riflessione. Nella storia le differenze tra i protagonisti  non impediscono  loro di essere amici e di affrontare molte difficoltà per raggiungere uno scopo comune. Leggendola insieme si può avviare una discussione sul valore di ciascuno, delle proprie capacità e peculiarità, così come del valore della collaborazione.

Consigliato da 8 anni

Antonella Bottazzi

Chris Naylor- Ballestreros, Cosa c’è nella tua valigia?, Terre di Mezzo, Milano,2019

Il piccolo principe

Parlando di insolite amicizie non potevamo tralasciare il grande classico.
Non basterebbero alcune edizioni di “Milleunlibro” per parlare di questo libro.
Dunque ci affidiamo solo ad alcune citazioni contenute nel testo per creare
suggestioni.
“ Agli adulti piacciono i numeri. Quando raccontate loro di un nuovo amico, non vi chiedono mai le cose importanti. Non vi dicono: «Com’è il suono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?» Le loro domande sono: «Quanti anni ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?» Solo allora pensano di conoscerlo.”…
“Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comperano dai mercati le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici , gli uomini non hanno amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami !”…
“Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”…
Età di lettura : dai 9 ai 99 anni

Marina Sirotti

Antoine de Saint-Exupèry, Il piccolo principe – edizioni Bompiani, 2015

Che cos’è un amico?


Bella l’impaginazione e la struttura stessa del libro, che utilizza pure i risguardi per portare il lettore dentro la storia. In questo albo dove il protagonista ripete la stessa domanda in ogni pagina ” Che cos’è un amico?” potete cogliere anche i segni dell’amicizia tra le stesse autrici. E se prima della lettura provassimo anche noi a rivolgere questa domanda ai bambini ? Verrebbero fuori tante idee di amicizia, tutte vere e importanti perché legate a esperienze personali .
Consigliato dai 5 anni

Marina Sirotti

Chiara Carminati e Pia Valentinis, Che cos’è un amico? – edizioni RS Rose Selavy,2016 , collana Quaderno Cartone

A gran velocità

Un giorno Pat un coniglio di campagna, riceve in dono dal nonno un paio di pattini a rotelle. È felice e desideroso di sfrecciare , ma è difficile, tra l’erba e i sassi i pattini si incastrano. Così ha l’idea di andare in città. Su strade e marciapiedi, mentre tutti dormono, Pat corre a gran velocità. Poi accadono una serie di imprevisti : un dolce incontro con una gattina, un ascensore pieno di estranei che lo porta improvvisamente sul metrò e Pat si ritrova lontano dall’amica, un treno che sfreccia, un freno di emergenza e un salto, anzi 2 salti , uno dopo l’altro e il nuovo incontro con la gattina che il coniglio credeva ormai perduta. Una tenera storia , colorata con tinte pastello, tra due esseri diversi, ma uniti dall’amicizia e dall’amore per la musica.
Un imprevisto, un “ inciampo” può aprire nuove porte , anche per noi educatori.
Stare in ascolto dei bambini e provare a cogliere le opportunità che a volte
emergono all’improvviso, che apparentemente fanno “ perdere tempo” invece, si rivelano momenti preziosi di confronto e di crescita.
Consigliato dai 7 anni

Marina Sirotti

Michel Gay, A gran velocità – edizioni BABALIBRI, 2012

Chi ha mai sentito russare una banana?

L’amicizia improbabile e divertente fra un ragazzino e una banana in una piantagione del Congo.
Un titolo spiazzante , un sottotitolo che incuriosisce e fa venire voglia di tuffarti
nelle pagine, che leggi tutto in un fiato, alternando sorrisi divertiti a riflessioni sulla natura (e la prepotenza ) dell’uomo, sulla vita in Africa, sul colore della pelle, sul diritto alla scuola. Furmi ha dodici anni. È un ragazzino pieno di fantasia, ma quando si ritrova a parlare con una banana che si è infilata di nascosto nel suo zaino, gli sorge il dubbio che qualcuno si sia impossessato del suo corpo e l’abbia costretto a vivere questa situazione così surreale. In effetti la banana parla, vuole imparare ogni curiosità sul mondo degli umani , fa domande su ogni cosa e allo stesso tempo inizia il ragazzo alla conoscenza della natura e in particolare alla capacità di sentirne le voci, in tutte le sue forme : dalle banane agli insetti. Il rapporto tra i due è sullo stesso piano, entrambi hanno sete di scoperte e raccontano i loro mondi, così lontani e pure così vicini.
Consigliato dai 9 anni

Marina Sirotti

Paul Bakolo Ngoi, Chi ha mai sentito russare una banana ? – Fabbri
editore,2007

Ernest e Célestine

L’amicizia tra diversi, si sa, non è facile né facilmente accettata. Nel mondo degli orsi, ad esempio, non è ammessa l’amicizia coi topi. Ma Ernest, un grosso orso solitario e musicista, incontra la topolina Célestine, che vuole diventare pittrice. Lei è un’orfana che vive nel mondo sotterraneo dei topi ma che casualmente rimane intrappolata in un cestino nel mondo “di sopra”, quello degli orsi. In seguito a molte peripezie, i due diventano amici. Ernest e Celestine litigano e fanno pace, giocano e si fanno gli scherzi, parlano della vita e si prendono cura l’uno dell’altro: dopo essersi incontrati, l’idea di vivere da soli, come prima, è per loro la cosa più detestabile del mondo, e per evitarlo sono disposti a giocarsi il tutto per tutto. Affrontano i rispettivi mondi sfidando i pregiudizi e inseguendo loro sogni.
Il linguaggio è semplice e comprensibile per ogni età, delicato e poetico. Nel testo Daniel Pennac inserisce intermezzi divertenti in cui i personaggi e il narratore dialogano tra loro e interpellano il lettore. È facile per i bambini immedesimarsi nei due personaggi ,fragili e coraggiosi al tempo stesso, cercare e immaginare soluzioni ai continui problemi che si presentano e lasciarsi coinvolgere nelle loro avventure.

Consigliato dai 7 anni.

Marina Sirotti

Daniel Pennac ,Ernest e Celéstine– edizioni Feltrinelli, 2017

L’occhio del lupo

Un romanzo che racconta di solitudini e di amicizie.
Un lupo e un ragazzo. I due si ritrovano davanti alla gabbia di uno zoo, si fissano in silenzio. Il lupo, chiuso nella sua disperazione, guarda il mondo con un occhio solo, l’unico , giallo e aperto. Allora anche il ragazzo, con estrema delicatezza, per solidarietà, decide di tenere chiuso uno dei suoi. Così, ora che sono sullo stesso piano, possono lasciarsi andare alla confidenza e possono raccontarsi. È un viaggio nel profondo: l’occhio buono del lupo si dilata e, se si guarda bene, ma davvero con attenzione, quel puntino nero in mezzo al giallo non è la pupilla, ma una famiglia. Una vita. La vita di Lupo Azzurro nella gelida Alaska, dove ha incontrato l’uomo : “ due zampe e un fucile “. È una storia triste, fatta di ricordi dolorosi. Anche l’occhio del ragazzo si dilata, e dentro si vede guerra, miseria, sogni e storie. Dentro c’è l’Africa vissuta da lui, l’Africa Gialla, l’Africa Grigia e l’Africa Verde. Anche il ragazzo porta con sé ricordi tristi di abbandoni, di prepotenze, ma anche di amicizie.
Questo libro è un incontro di sguardi , veri, profondi.
Così, formando coppie casuali, ho chiesto ai bambini di una classe terza di guardarsi, in silenzio e di scrivere ciò che vedono nelle pupille dell’altro. Come Lupo Azzurro e il ragazzo Africa, hanno scoperto mondi. Matteo scrive: “C’è molta luce. Non c’è nessuno tranne gli occhi di Lorenzo. Io nell’iride vedo delle piume azzurre disposte come raggi di sole, tutte insieme formano una ruota di pavone. Questa ruota si muove in continuazione.
Sembra un pavone molto agitato che guarda attentamente tutte le cose che si
muovono. È curioso di conoscere il mondo”.”

Consigliato da 8 anni

Marina Sirotti

Daniel Pennac, L’occhio del lupo– ed. Salani, 2017

Bella e il gorilla

Il racconto di una tenera e improbabile amicizia, dall’illustratore vincitore dell’Hans Christian Andersen Award. Browne con poche parole e con potenti illustrazioni, ricche di dettagli, ci guida in questo racconto apparentemente assurdo, ma che invece si ispira a una storia vera.
C’era una volta un gorilla molto speciale, che parlava la lingua dei segni. Un giorno, chiese ai suoi custodi di poter avere un amico. Ma quale amico può mai avere un gorilla ? L’idea dei custodi è di affiancargli Bella, una gattina. Dapprima lei sembra impaurita dalla creatura enorme e nera che la prende in mano, ma poi diventano amici. Mangiano insieme, dormono insieme, fanno tutto, ma proprio tutto insieme, insomma sono felici. Finché un giorno Gorilla si arrabbia moltissimo mentre guarda un film, perde il controllo e rompe la televisione. Gli uomini temono per Bella e decidono di allontanarla da Gorilla. Ed ecco il colpo di scena finale, bello e inaspettato, che scatena una risata a chi legge.
A proposito delle caratteristiche dell’autore: osservate con attenzione i fiori (e la loro posizione) presenti nelle prime e nelle ultime pagine del libro, queste rose ci parlano dei due personaggi e della loro storia. Grande Anthony Browne!
Consigliato dai 5 anni

Marina Sirotti

Anthony Browne, Bella e il gorilla– ed. Camelozampa, 2019

Per finire un video che apre a nuove amicizie possibili:

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ph. Antonella Bottazzi

Alle nostre fedeli lettrici e lettori: buona estate!
La redazione Libri MCE si prende un periodo di pausa, per ritornare
a fine agosto con nuove idee, nuove proposte, nuovi libri.
Attendiamo, a nostra volta, vostri suggerimenti e progetti
– e anche le narrazioni, le foto… di questa estate – che vorrete inviarci.
A voi rivolgiamo, intanto, l’auspicio di trascorrere belle vacanze
in libertà e bellezza: leggère come questi bellissimi colorati aquiloni.

A presto!
La redazione

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Buon compleanno Mario Lodi!

Mario Lodi nel 1974 scrisse questa lettera aperta ai genitori sulle pagelle, che fu pubblicata su Cooperazione Educativa n. 5-6/1974

Nessun problema mi mette in difficoltà come questo. La mia incapacità a esprimere con un numero quella complessa realtà che è il bambino a scuola, ha diverse motivazioni, che voglio qui spiegare perché i genitori capiscano che non si tratta di un atteggiamento contestatore di moda, ma di un problema che coinvolge la concezione che l’educatore ha dell’uomo e della società in cui vive, e la sua stessa coscienza.

La pagella è strumento di corretta valutazione?

La pagella, così com’è oggi, uno strumento di valutazione impreciso e soggettivo. Il numero che dovrebbe essere scritto nelle caselle corrispondenti alle “materie” o a gruppi di attività, è il risultato di una strana miscela di sensazioni riguardo alle attività del bambino, che il maestro compie sulla base di un modello di sufficienza che varia da insegnante a insegnante. Non sono rari i casi di “temi” giudicati in modo diverso, a volte opposto, da maestri e professori.

E’ stato dimostrato perfino che lo stesso tema può essere valutato in modo diverso dallo stesso insegnante, in differenti momenti. Io stesso ho provato, anni fa, a ripetere i voti della pagella a distanza di qualche giorno: i voti non sono risultati uguali. Ciò dipende dal fatto che ogni materia racchiude diverse capacità. Un numero per la “lingua italiana” col quale sintetizzare più attività come la lettura, la scrittura, l’ortografia, la sintassi, la proprietà di linguaggio, la fantasia, la capacità di conversare ecc.

Per la prima classe elementare, con bambini pressoché sconosciuti che si rivelano a poco a poco e che si trovano di fronte a grosse difficoltà come l’apprendimento della lingua scritta, tirar fuori un numero e collocarlo in una di quelle caselle, è per me impossibile.

Il voto in comportamento

Anche per il comportamento il voto è sempre soggettivo e discende dalla concezione che l’educatore ha della scuola e dell’uomo.

Lo stesso bambino, infatti, cambiando maestro, può cambiare voto.

Si sa che sul comportamento ci sono diversi modi di valutazione: c’è chi premia con un bel voto il bambino che sta zitto e ubbidiente ( perché magari ha paura) e c’è invece chi considera buon comportamento quello del bambino che discute, dà tono alla vita della classe, magari si ribella in certi casi, per un giusto motivo.

Riguardo al comportamento il voto è quindi in relazione alla reazione del bambino a scuola, e spesso, se il bambino a scuola non si trova a suo agio, la colpa non è sua.

I bambini sono diversi

 La prima scoperta che l’educatore fa nella scuola quando instaura un rapporto non autoritario con gli alunni è che essi, pur avendo raggiunto una piattaforma comune nel processo evolutivo, sono tutti diversi.

Ciò dipende dallo sviluppo più o meno regolare del corpo, dalle disposizioni naturali esercitate, dalle esperienze vissute sin dalla nascita in famiglia e fuori. L’educatore che ricerca e utilizza le diverse attitudini e capacità personali nel contesto sociale della classe, realizza attività collettive nelle quali ogni bambino, stimolato dagli altri, dà il meglio di sé: chi la fantasia, chi il disegno, chi il senso musicale o dell’umorismo, chi il ragionamento, ecc. Viene così innalzato il livello collettivo della ‘produzione scolastica’ realizzata sulla base degli interessi dei bambini e non dell’imposizione del maestro. In questo caso non è possibile valutare l’apporto individuale sia qualitativo che quantitativo, perché ogni intervento è legato agli altri: a volte una sola parola detta al momento giusto o un’idea nata in una situazione problematica, sono più importanti di lunghi elaborati. E’ un tipo di intervento che la pagella non considera, come non considera il lavoro collettivo.

Le cause dell’insuccesso scolastico

Il nostro lavoro è simile a quello del medico che ricerca le cause profonde del male prima di intervenire. Anzi, ora la medicina si pone il fine di prevenire le cause delle malattie cercando di eliminarle sul piano sociale, facendo conoscere i problemi a tutti per risolverli consapevolmente. Il bambino che a noi è affidato, deve essere messo nelle condizioni ideali per sviluppare in modo equilibrato il suo corpo e la sua mente, in un rapporto di collaborazione. Questo rapporto esclude, in quanto tale, giudizi e valutazioni. Accettando di dare il voto, io maestro divento il ‘giudice’ degli scolari, mentre voglio essere un loro ‘amico’, uno che insegna e impara insieme a loro, in certi casi uno che impara da loro.

Facendo il confronto dei risultati e non tenendo conto dei punti di partenza, la pagella diventa inevitabilmente strumento di selezione. Infatti in Italia i ragazzi delle famiglie più disagiate, che non possono dare ai loro figli molti stimoli culturali ( libri, gite, linguaggio, ecc.) sono quelli più bocciati.

Far le parti uguali fra disuguali

Nel libro Lettera a una professoressa don Milani e i suoi ragazzi riportano la frase di una professoressa che si credeva imparziale: “Se un compito è da quattro, io gli do quattro”. Dice don Milani: “E non capiva, poveretta, che proprio di questo era accusata. Perché non c’è nulla che sia ingiusto come far le parti uguali fra disuguali”. Infatti nessun bambino ha voglia di prendere voti bassi, né vuole essere bocciato. Se non riesce, è perché ci sono cause che noi dobbiamo individuare per rimuoverle. E nella quasi totalità dei casi le cause, come abbiamo visto, dipendono dalle condizioni sociali della famiglia. Lo stesso problema esiste anche in una scuola dove non si fa conversazione, dove non si progettano insieme attività. In una scuola dove i bambini lavorano individualmente, l’educatore che volesse dare un voto o un giudizio “oggettivo” commetterebbe un’ingiustizia verso il bambino che presenta temporanei ritardi di sviluppo.

La mercificazione del lavoro scolastico

Un altro motivo contro il voto è che  esso diventa di solito la motivazione del lavoro. Si agisce cioè in vista di una ‘ricompensa’, non si studia per il piacere di conoscere. Liberare i bambini dalla ricompensa del voto e dal timore della bocciatura significa impostare il lavoro scolastico sugli interessi dei bambini, interessi che sono sempre rivolti alla conoscenza di se stessi, dei loro problemi in famiglia, del mondo. Significa abolire il voto-paga.

Senza voti è possibile vivere e studiare?

E’ inevitabile che dove ci sono i voti si fanno confronti. I voti non lasciano mai indifferenti i bambini. Il bambino che riesce bene nelle attività scolastiche, anche se non lo dice, può credersi più bravo e intelligente degli altri e diventare superbo; il bambino che non riesce può credersi meno intelligente e diventare insicuro o invidioso. La superbia, l’invidia, l’insicurezza, il pettegolezzo sono conseguenze del voto; anche se non sono evidenti e non portano a forme traumatiche ( ma talora accade), influiscono negativamente sui bambini e ostacolano l’attuarsi della socialità nella quale il bambino dovrebbe sentire gli altri vicini, e proprio dagli altri dovrebbe ricevere in continuazione stimoli. Senza voti è possibile vivere e studiare, è possibile aiutarsi a vicenda. Collaborando si dona, ci si unisce, si cresce.

Due scuole

Scrive Giuseppe Fara, docente di psicologia dell’età evolutiva, in ‘Psicologia’, parlando dell’insuccesso scolastico:

‘La vecchia scuola pone al centro del proprio interesse l’oggetto dello studio, ciò che si deve insegnare ed imparare, i programmi, i libri di testo; e l’insegnamento, di conseguenza, è rivolto a una collettività anonima, la scolaresca; la cultura che si vuole trasmettere è la cultura del passato, come garanzia di certezza e di solidità; e i suoi contenuti sono presentati come una realtà statica e dogmatica che passivamente deve essere accolta; la maturazione dello studente deve ispirarsi al principio d’autorità e deve costruirsi sulla molla dell’individualismo e della competizione’. In questa scuola il voto è necessario come stimolo e motivazione perché si studiano cose che non interessano.

‘La scuola nuova- continua Fara- pone al centro del proprio interesse il soggetto, lo studente, con le sue personali attitudini, motivazioni, aspirazioni; ed è a lui che individualmente l’insegnamento è indirizzato; la cultura che si vuol trasmettere è ancorata ai problemi del presente e proiettata verso il futuro, come realtà da costruire con l’impegno di ognuno; e i suoi contenuti sono presentati come un prodotto della storia dell’uomo che attivamente e criticamente ha la possibilità di adoperarli per trasformare il mondo che lo circonda; la maturazione dello studente deve ispirarsi alla democrazia e deve costruirsi sulla spinta alla socialità e alla collaborazione’. In questa scuola il voto è inutile.

La collaborazione fra genitori ed educatore

 I genitori hanno il diritto di seguire i loro figli durante l’esperienza scolastica e quindi la scuola autoritaria, che non permette loro di sentirsi parte sociale di essa, usa il voto come ‘informazione’. I genitori non possono ignorare i problemi dell’infanzia e devono discutere insieme agli educatori l’atteggiamento da tenere nei confronti dei bambini perché questi non vivano a casa in un modo e a scuola in un altro, con le conseguenze negative che è facile immaginare. L’educatore per intervenire in modo corretto deve conoscere la ‘storia’ del bambino in tutti i particolari illuminanti. Questa storia, dalla nascita fino ad oggi, il genitore e l’educatore la possono ricostruire soltanto insieme. In questo modo potranno seguire lo sviluppo, i problemi, le conquiste del bambino negli anni, cioè la storia della sua maturazione; il suo prepararsi ad essere uomo o donna nel contesto di una comunità che dalla scuola si estende alla famiglia e al contesto sociale.

Proposta

A questo punto dico ai genitori: ‘Io non sono capace di giudicare vostro figlio con un numero ma mi sento capace e in dovere di capire come ha vissuto fin qui per aiutarlo a proseguire senza chiedere a lui più di quel che può dare ma anche senza trascurare nulla di ciò che lo può realizzare come persona libera e sociale’.

Il bambino di 6 anni, che arriva in prima, è il risultato di un lungo e complesso processo evolutivo. A scuola il punto di partenza è questo risultato. Se non lo si conosce non è possibile far crescere il bambino globalmente con gradualità e armonia. Solo così è possibile tentare una valutazione, descrivendo la sua storia, i suoi progressi e i suoi problemi. E’ una pagella un po’ più difficile e impegnativa da scrivere, ma è una cosa seria.

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Noi e il “donmilanismo” di Paola Mastrocola

 Il libro scritto da Luca Ricolfi e Paola Mastrocola, – Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza – (La nave di Teseo, 2021),  ha suscitato in queste settimane dibattiti e prese di posizione fortemente critiche da parte di altri docenti e ricercatori, sui media e in rete.

Paola Mastrocola non è la prima volta che  presenta la sua tesi sul declino della scuola italiana come effetto del “donmilanismo” che dal 1967, secondo lei, è il riferimento pedagogico-riformatore del nostro sistema di istruzione. Già  in altre pubblicazioni  la professoressa aveva presentato  la sua ipotesi sulla disuguaglianza e l’incapacità della scuola di fare da ascensore sociale: l’abbassamento dell’asticella voluto per compensare le diseguaglianze di partenza e che in realtà danneggia ancora di più i ceti popolari. Quell’abbassamento voluto dai fautori della scuola democratica, che hanno sempre trascurato un  aspetto, un  minuscolo dettaglio… la preparazione. Il livello di studio. La qualità e quantità delle “cose” insegnate-imparate, [soprattutto nel corso dei primi 8 anni di scuola]. 

Nell’introduzione i due autori presentano questo libro come l’esito di un processo di verifica positiva di quella congettura, intrapreso dal professor Ricolfi, che, accolta la sfida, controlla l’ipotesi attraverso i dati e i modelli matematici, e dopo tre anni [ottiene] la conferma.

Mi chiedo:  siamo di fronte ad una “dimostrazione” o a un processo tautologico di lettura della realtà? Un’altra occasione per creare polemiche anziché cooperazione?  E la causa vera di questo abbassamento della preparazione dei nostri studenti è davvero la cecità della stragrande maggioranza, direi la totalità dei sostenitori della “scuola democratica” come sancisce l’autrice? Credo sia importante per ogni insegnante riflettere su questo. Penso ci serva per alimentare la riflessione sui problemi che la nostra scuola vive, discuterne insieme, cercare di costruire soluzioni cooperando e crescere professionalmente. Come primo contributo riporto di seguito il post  con cui Vanessa Roghi ha presentato l’uscita di questo libro in rete e l’intervento di Franco Lorenzoni  a Fahrenheit (Radio3) nella puntata del 18 Ottobre 2021, intitolata Una scuola tante scuole. Vanessa Roghi esprime poche parole, ma chiare. Nelle ultime righe del suo post rimanda ad un suo precedente articolo (2017) pubblicato su Minima et moralia, che ritiene ancora valido per mettere in risalto la poca conoscenza della storia della scuola italiana e la superficialità su cui si basa la teoria degli autori.

Mi immagino gli editori decidere di mettere la parola “progressista” in copertina, perché pareva brutto usare la parola “democratica” ma come è evidente leggendo il libro fin dalla quarta, quella era la parola che Ricolfi e Mastrocola avevano in mente: democratica.

Sono anni che la usano così questa parola, come un insulto, e non solo loro: ecco a me questa cosa fa orrore.

Poi se avrò tempo scriverò una recensione del libro che hanno scritto, intanto condivido un vecchio articolo perché sì vede che fra le cose di cui avere nostalgia c’è solo lo studio degli altri e non il proprio.

Una scuola. Tante scuole

18 ottobre 2021

Franco Lorenzoni dal 33° minuto della trasmissione partecipa al dibattito con Luca Ricolfi e Pia Valadiano: https://www.raiplayradio.it/audio/2021/10/FAHRENHEIT-d7889412-6dbb-4a5a-a5e7-796d0aa6e937.html

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La pedagogia di Freinet e la scuola di oggi

Philippe Meirieu scrive nell’introduzione a questo libro di Enrico Bottero: “Tutti hanno gli occhi puntati sulle valutazioni quantitative, sulle certezze fornite dalle neuroscienze, sulle meta-analisi randomizzate costruite sul principio dell’industria farmaceutica. L’educazione diventa una semplice questione di tecniche più o meno sviluppate, più o meno validate, mai messe in discussione dal punto di vista etico. Tutto questo, naturalmente, a scapito di una riflessione pedagogica che comprenda la questione del futuro delle nostre società, delle nostre democrazie e del nostro pianeta.”

Questo tema dell’attenzione ai valori traspare da tutto il libro perché, mentre ripercorriamo le tecniche Freinet con un occhio all’oggi, sentiamo questa tensione critica e nello stesso tempo costruttiva per ridare un senso non solo a queste pratiche, ma anche a tutta la scuola nel suo complesso. Bottero è convinto che il rinnovamento della scuola debba passare attraverso pratiche concrete che offriamo ai nostri alunni insieme a materiali e oggetti prodotti dalle loro mani e dalle loro menti per mantenere sempre il contatto con la realtà, che è ciò che dà senso all’apprendere di ciascun individuo.

Pubblicare un libro sulla pedagogia cooperativa freinetiana ha senso oggi più che mai per ricostruire un’identità pedagogica che vada al di là del curriculum scolastico da sviluppare, che rimetta al centro l’alunno come persona in formazione, che non deve solo appropriarsi del sapere disciplinare ma anche di strumenti per diventare protagonista della vita sociale. Perché allora sono importanti le tecniche? Perché incorporano una visione politica della società e del ruolo della scuola e, facendo parte di una visione complessiva, costituiscono un sistema. Prese una per una non hanno lo stesso significato, messe tutte insieme restituiscono valori pedagogici fondamentali che nella nostra società dovrebbero essere riaffermati con forza, e non, invece, essere messi in secondo piano a favore di considerazioni di tipo aziendalistico della scuola.

Se interpretiamo, oggi, le tecniche entro questa visione, ci accorgiamo che il senso da dare a pratiche come il testo libero, le creazioni matematiche, la tipografia, i brevetti, le istituzioni vanno molto al di là della tecnica in sé, ed esse contribuiscono a “dare senso” complessivamente a tutto il progetto di scuola che ne scaturisce. Assaporiamo il valore del lavoro, della cooperazione, della classe come comunità che apprende e che riproduce al suo interno quella struttura sociale che fatichiamo a ritrovare fuori dalla scuola, ma a cui deve tendere ogni società democratica. Quindi studiamo, impariamo, applichiamo le tecniche e diamo nuova vita a questo modello di scuola, se vogliamo trasmettere alle nuove generazioni non solo conoscenze ma anche e soprattutto competenze consapevoli e valori.

Dalla lettura di questo libro mi sono sorte spontanee alcune domande che ho posto direttamente a Enrico Bottero nella breve intervista che condivido.

Donatella Merlo

Per maggiori informazioni sull’autore e sul libro clicca sulla copertina

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