Matematica e Invalsi: dubbi e difficoltà di un’insegnante

Quest’anno mi ritrovo a insegnare per la prima volta matematica in una classe quinta. Sfoglio il libro di testo per farmi un’idea del materiale in dotazione e mi accorgo fin da subito della quantità di argomenti inseriti.

Ora che sono passati alcuni mesi dall’inizio dell’anno scolastico, mi sono ormai fatta un’idea delle difficoltà e punti di forza dei bambini e dei loro tempi di apprendimento, perciò riguardo gli argomenti proposti dal libro e mi sembrano veramente tanti: perimetro, area, volume, circonferenza, potenze, espressioni, unità di misura, probabilità, statistica, relazioni… tutto questo e anche di più si può trovare sul libro di testo adottato dalla classe. Confrontandomi con le colleghe, anche loro concordano che gli argomenti siano troppi, alcune fanno notare che certe conoscenze e abilità verranno riprese alla secondaria solo in classe terza… siamo insomma abbastanza d’accordo che sia meglio proporre meno argomenti ma affrontati con la giusta attenzione, e anche le colleghe della secondaria sembrano concordare. Molto bene, problema risolto, giusto?

E invece no, perché ecco comparire lo spauracchio che fa cambiare idea a molti insegnanti: le prove INVALSI. La probabilità va per forza accennata perché negli INVALSI è presente; è vero che la circonferenza verrà ripresa alla secondaria solo in classe terza, ma negli INVALSI i bambini la troveranno…

Gli INVALSI ci sono, è un dato di fatto, che ci piacciano oppure no. Ma come si può gestire il contrasto fra le riflessioni degli insegnanti su cosa sarebbe più sensato per la propria classe e la consapevolezza di questa prova che a un mese dalla fine della scuola pesa su tutti come una spada di Damocle? I docenti sanno che i risultati della propria classe saranno pubblici e d’altra parte i bambini, pur non essendo i soggetti valutati dagli INVALSI, sono coloro che si trovano a dover affrontare una prova lunga e faticosa: come loro maestra mi chiedo se sia giusto lasciarli così sprovveduti davanti a tanti quesiti ai quali, se non saranno stati affrontati certi argomenti, so già che non saranno in grado di rispondere.

D’altra parte, è giusto mettere in secondo piano le necessità della classe in termini di apprendimento solo perché un certo giorno arriverà una prova nazionale, scritta da chi non conosce gli alunni che abbiamo davanti? Finalmente siamo arrivati a un sistema di valutazione per la scuola primaria che prevede la possibilità di obiettivi differenti nelle diverse classi, perché ogni percorso di apprendimento è unico e non perfettamente sovrapponibile a quello dei bambini inseriti in altri contesti. Se da un lato abbiamo fatto questo grande passo avanti, dall’altro mi chiedo come conciliarlo con un sistema di valutazione nazionale che pretende invece di valutare tutti come se fossero uguali.

Voi cosa ne pensate? Anche altri insegnanti vivono questa difficoltà? Come la gestite? Pensate ci possa essere un modo per sfruttare la presenza degli Invalsi in maniera positiva?

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Un commento su “Matematica e Invalsi: dubbi e difficoltà di un’insegnante”

  1. Con una collega del nucleo di ricerca ho lavorato sulle prove Invalsi di Matematica per circa due anni per una pubblicazione che ci era stata affidata, approfondendo il problema da tanti punti di vista. Ovviamente l’editore voleva solo un eserciziario… un quaderno per far allenare i bambini alle prove Invalsi. Noi invece volevano che passasse l’idea che le prove Invalsi possono essere una risorsa se le sappiamo sfruttare nel senso giusto, ad esempio trasformando i quesiti in attività laboratoriali, in occasioni di discussione in classe. Al di là di prese di posizione di principio, secondo noi è possibile farle diventare uno strumento per la crescita professionale degli insegnanti. Quel che mi preoccupa invece è che gli insegnanti abbiano bisogno di far esercitare i bambini al loro superamento. Siamo tutti d’accordo che i bambini debbano conoscere il format delle prove cioè siano messi in grado di rispondere a quesiti a scelta multipla, a domande aperte o alle altre varie tipologie di domande utilizzate nelle prove. Ma il resto…. Non dovrebbe far parte della normale “programmazione” di classe? Non rispecchiano forse il contenuto delle Indicazioni nazionali? Quel che abbiamo appurato invece è che le prove Invalsi, in realtà, in particolare quelle di Italiano, sono forse molto più avanti rispetto a ciò che viene comunemente trattato nelle classi di scuola primaria. Per la Matematica anche… quindi a maggior ragione dovrebbero servire come confronto e come stimolo a modificare i contenuti dei curriculum per dare più importanza al ragionamento, alla costruzione di capacità argomentative e, in italiano, ad un lavoro serio sulla capacità di fare inferenze, ad esempio, capacità indispensabile per comprendere appieno un testo… e molte altre. Se un merito ce l’hanno le prove Invalsi forse è questo che per affrontarle non bastano le abilità strumentali. Discorsi grossi che meriterebbero un approfondimento. Sia per matematica che per italiano.

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